M.I.A., Greenaway Alphabet e Diamantino: cronache dal Biografilm

Singolari vite d'artista e fiction kitsch nel programma del Festival bolognese

IN BREVE Cosa: Tre film dal Biografilm, come vederli e recensione Dove e Quando: dettagli nel pezzo Info: biografilm.it

Matangi / Maya / M.I.A., ovvero quando il documentario incontra una storia vera che non ha nulla da invidiare alla fiction. È la storia, apprezzata al Sundance e alla Berlinale e ora al Biografilm di Bologna, di Mathangi Arulpragasam, artista di origini tamil, divenuta già singolare icona pop. Al Biografilm è uno degli appuntamenti col maggior numero di repliche: lo si potrà vedere martedì 19 giugno, ore 20:00, al Cinema Jolly, giovedì 21, ore 18:00, al Cinema Europa, sabato 23, ore 21:30, al Cinema Antoniano e domenica 24, ore 21:30 al Cinema Orione.

Figlia di una figura cardine delle Tigri tamil, Mathangi vive nei suoi primi anni la guerra civile, per trasferirsi a Londra come rifugiata e progressivamente trasformarsi in M.I.A.. Ottiene un enorme successo con una musica fatta di ibridazioni, ricerca, impegno politico, accompagnata da un importante supporto visivo, a ricordare i suoi primi passi da aspirante documentarista. Nel film di Steve Loveridge, come nella vita del suo soggetto, si intrecciano vicende personali, prospettive sul panorama musicale che spaziano dagli Elastica a Madonna, reazioni sociali e mediatiche a una figura che non viene dalla trafila di un talent, ma da un percorso complesso.

Matangi / Maya / M.I.A. si pone anche come una riflessione sull’immagine e la comunicazione, quando le reali testimonianze video di eccidi, rilanciate dall’artista, passano sotto silenzio, mentre la ricostruzione operata attraverso il video di Born Free (firmato nel 2010 da Romain Gavras e punto nodale nella carriera di M.I.A.) viene criticata e censurata per la sua crudezza. A testimoniare come della realtà ci si possa facilmente disinteressare, identificandola come conseguenza alle azioni di altri, mentre la ricostruzione impone una riflessione che mette in gioco il suo spettatore, che la interpreta come un messaggio con cui fare i conti, o anche come un atto d’accusa nei suoi confronti. Il documentario si sofferma efficacemente sulle reazioni spesso scomposte dell’informazione mainstream e sulla ricerca di contraddizioni all’interno dell’operato dell’artista, da una parte accusata di non voler assimilare costumi adeguatamente occidentali, dall’altra schernita per l’avvicinamento allo star system. Uno sguardo ampio, quindi, che attraverso l’evolversi di una carriera musicale riesce a dare spazio a riflessioni e interrogativi, e a una storia più ampia.

(voto: 4/5)

Per non chiudere in discesa, spezziamo con Diamantino, film portoghese di fiction, per la regia di Gabriel Abrantes e Daniel Schmidt. Film piuttosto deludente, che sulle vicende di un personaggio plasmato su Cristiano Ronaldo, insegue suggestioni surreali, grottesche e di satira sociale, non riuscendo ad andare a segno.

Poco più che dilettantistico nella scrittura, così come nei numerosi effetti visivi, Diamantino tratteggia una sorta di Candide, ricerca una satira che prova ad attaccare le derive populiste di un Portogallo distopico, risultando nel complesso pretestuoso e banalizzando i suoi temi. Un prodotto probabilmente approssimativo anche per gli amanti del kitsch. In programmazione giovedì 21 giugno alle 21:30 al Cinema Galliera.

(voto: 2/5)

Chiudiamo con Greenaway Alphabet, documentario dedicato all’opera di Peter Greenaway, diretto dalla moglie Saskia Boddeke e incentrato sugli scambi fra il regista gallese e la figlia adolescente Pip. Il film è un buon punto di partenza, per chi volesse fare l’incontro con il cinema di Greenaway e la sua interpretazione radicale e personale del mezzo, e una piacevole panoramica per chi, invece, ha già una certa familiarità. Gli interessi e le ossessioni di cui l’autore ci parla sono, naturalmente, quelli espressi da tutta la sua filmografia, partendo da The Falls, opera del 1980 qui richiamata. Si discute, quindi, di elencazioni e sistemi tassonomici, di pittura e della rappresentazione del tempo, del cinema alla ricerca di una sua specificità, perché “mezzo troppo importante per essere lasciato ai narratori di storie”. Boddeke sceglie una forma in linea con il contenuto, partendo con l’idea di presentare, appunto, un alfabeto del mondo Greenaway. Intento che viene quasi subito ridimensionato, saltando numerose lettere e rispecchiando, anche in questo, una fascinazione per l’incompiutezza che è, probabilmente, anche maggiore di quella per la costruzione di un sistema che possa essere idealmente compiuto.

Si ripercorrono le micronarrazioni di Greenaway, le biografie borgesiane tratteggiate d’ironia che, nella loro eccentrica puntualità, ribadiscono come la percezione del mondo sia di per sé, inevitabilmente, un’opera incompiuta. Si ritrovano i primi film, come I misteri del giardino di Compton House, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, Drawing by Numbers, fino ai più recenti Tulse Luper, Nightwatching e Eisenstein in Messico. A fare la differenza, il confronto con Pip, che prima ancora che un incontro della ragazza con l’arte e la filosofia del padre, permette di osservare il confronto di Peter Greenaway con una serie di problematiche reali e quotidiane, dalle sofferenze sentimentali della figlia alle richieste di affetto e rassicurazione che muove nei suoi confronti, ricercando attenzioni comuni in un’esistenza abitata soprattutto dall’arte e dalla sua ricerca.

Greenaway Alphabet è ancora in programmazione lunedì 18 giugno, ore 21:30 al Cinema Antoniano, mercoledì 20, ore 21:30 al Cinema Orione e sabato 23, ore 19:00 al Cinema Galliera.

(voto: 3,5/5)
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