Visioni dalla mostra di Edward Hopper a Bologna

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A Palazzo Fava 60 opere, alcune mai viste in Italia, del grande artista americano

 

Mostra-Hopper Second Story SunlightEdward-Hopper list01Chi: Edward Hopper  
Cosa: mostra Edward Hopper a cura di Barbara Haskell con Luca Beatrice  
Dove: Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni, via Manzoni 2, Bologna  
Quando: 25 marzo – 24 luglio 2016  
Costo: Intero € 13 (audioguida inclusa); Ridotto € 11 (audioguida inclusa) 
Info: www.mostrahopper.it

di Sergio Rotino

 

La luce, le architetture, gli scorci, le case, quel senso di…

A Palazzo Fava 60 opere, alcune mai viste in Italia, del grande artista americano

 

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IN BREVE  Chi: Edward Hopper  Cosa: mostra Edward Hopper a cura di Barbara Haskell con Luca Beatrice  Dove: Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni, via Manzoni 2, Bologna  Quando: 25 marzo – 24 luglio 2016 Costo: Intero € 13 (audioguida inclusa); Ridotto € 11 (audioguida inclusa) Info: www.mostrahopper.it Ph Credits: (in homepage) Edward Hopper, Second Story Sunlight (1960, Oil on canvas, 102,1×127,3 cm) Whitney Museum of American Art, New York; purchase, with funds from the Friends of the Whitney Museum of American Art © Whitney Museum of American Art, N.Y. (qui sopra) Edward Hopper, Soir Bleu (1914, Oil on canvas, 91,8×182,7 cm) Whitney Museum of American Art, New York;Josephine N. Hopper Bequest  70.1208 © Heirs of Josephine N. Hopper, licensed by Whitney Museum, N.Y. Digital Image © Whitney Museum, N.Y.

 

 

di Sergio Rotino

 

La luce, le architetture, gli scorci, le case, quel senso di profonda solitudine – quasi una interna angoscia esistenziale – che sembra possedere i personaggi e soprattutto il silenzio. Il silenzio pervade ogni immagine, ogni particolare che Edward Hopper decide di ritrarre nelle sue opere, siano acquerelli, olii, disegni preparatori, incisioni, solo ogni tanto contrappuntato da folate di vento che fanno muovere le cime degli alberi o gli arbusti lungo le strade della provincia americana o le tende degli interni cittadini.

Questo è quanto si percepisce, e si può ammirare, in Edward Hopper, la mostra aperta dal 25 marzo al 24 luglio 2016 negli spazi di Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni a Bologna e che ripropone il lavoro di questo artista americano a sei anni di distanza dalla mostra precendente che ha toccato Roma e Milano.

Se è la prima volta che Hopper approda a Bologna (ne avevamo parlato già qui), anche molte delle cinquantotto opere esposte non sono mai stati ammirate in Italia prima d’ora. Per l’occasione, i lavori di quello che viene definito come il primo, vero artista statunitense, sono stati organizzati in un percorso espositivo da Barbara Haskell, curatrice dei dipinti e delle sculture del Whitney Museum of American Art, in collaborazione con Luca Beatrice, critico d’arte e curatore fra i più conosciuti nel campo dell’arte contemporanea italiana. Da sottolineare come il Whitney Museum detenga praticamente l’intero corpus dell’opera di Hopper.

Suddivisa in sei sezioni, Edward Hopper segue principalmente una scansione che per Beatrice non è precipuamente cronologica, ma segue alcune sue tematiche ricorrenti. Un modo per consentire al visitatore di inoltrarsi nell’evoluzione di questo grande artista, nato alla fine dell’Ottocento e vissuto nella cittadina di Nyack (Stato di New York) prima di studiare illustrazione e poi pittura alla New York School of Art.

Comunque sia, nella prima parte dell’esposizione si incontra immediatamente l’autoritratto giovanile di Hopper, con il richiamo a formule ottocentesche. Immediatamente dopo si attraversa la formazione accademica dei soggiorni europei e dei tre a Parigi (1906-1909-1910), per poi approdare ai decenni Trenta-Cinquanta e le produzioni degli ultimi anni. Ad aprire, come dicevamo l’Autoritratto, datato 1903-1906, e i quadri dei periodi parigini, dove si nota un progressivo ampliamento della tavolozza cromatica e delle stesse dimensioni. Se infatti nelle prime tele composte in Europa Hopper adotta colori scuri, dimensioni ridotte per ritrarre spazi costretti come possono essere i cortili o le trombe delle scale, in altre, successive, composizioni, il campo di ripresa si allarga e la tavolozza inizia a impossessarsi di quella nitidezza del colore poi diventata sua cifra essenziale.

Basta passare da Stairway at 48 rue de Lille, Paris (1906) a Le Bistro or The Wine Shop (1909) per catturare questo trapasso.

Ma la mostra, oltre ad offrire questo tipo di percorso e a presentare alcuni, centellinati capolavori di questo artista – pensiamo a Second Story Sunlight (1960), a Light at Two Lights (1927), a South Carolina Morning (1955) o a High road (1931) e al maestoso quanto impietoso New York Interior (1921) – propone una serie di studi preparatori di altri capolavori quali Gas o Office at night o City Sunlight, prodotti fra il 1940 e il 1954. Qui l’uso della matita Conté crayon e del carboncino su carta fanno risaltare non solo l’abilità di Hopper nel disegno, non solo la sua capacità di lavorare sulle ombreggiature per tirarne fuori colore, per rimandare al colore che poi immetterà sulla tela, ma anche l’assoluta precisione del cosa e del come rappresentare. Elemento che appare ricorrente, ferreo, in tutta la produzione e che appare come un succedaneo della fotografia. Elemento che non abbandona mai i suoi lavori, sia che dentro le tele entrino gli alberi delle barche ormeggiate nel porto come nell’olio Tall Mast (1912), sia che si rappresenti l’assolato ma freddo paesaggio di High road (1931), magistrale acquerello e matita di grafite.

Come dice Beatrice, Hopper lavora nel periodo delle massime avanguardie artistiche, ed è “Tradizionale senza essere tradizionalista”. Se infatti la sua ammirazione per gli Impressionisti è massima e resta il fondo di tutto il suo lavoro, l’artista statunitense li scavalca per volontà e dedizione ai temi, per capacità di posizionare lo sguardo su elementi apparentemente anodini estraendone tutto il loro significato, per la grande attenzione all’uso del colore, che viene sovrapposto a strati successivi e che per il bianco cerca di evitare le pigmentazioni gialle, così da restituire un bianco abbacinante e per questo “carico di parole”. “Fare figurazione quando tutto il mondo stava andando verso l’action painting, è molto coraggioso” commenta Beatrice.

In tutto questo è indubbio come il silenzio stesso in cui sono immersi i soggetti prediletti di Hopper, paesaggi o esseri umani, quel silenzio che per la Haskel sia “una delle sue caratteristiche pervasive”, insomma che questo silenzio parli e lo faccia in modo eloquente.

Ancora di più, è palese come la pittura, si sia fatta parola nei lavori dell’artista americano e abbia influenzato profondamente tutta l’arte americana a lui coeva o successiva. “Per la letteratura penso a Carver” afferma Beatrice. “Ma se si va a guardare Evening wind è evidente il legame che lo unisce a La finestra sul cortile, film del 1954, girato da Alfred Hitchcock”. Ma Hopper è stato un pittore che ha “parlato” a molti altri artisti, non solo di area anglosassone. Antonioni, per esempio. “Antonioni” chiosa sempre Beatrice, “è veramente la metafisica dello sguardo hopperiano”.

La mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia Group, con Fondazione Carisbo e Genus Bononiae. Musei nella Città e il contributo di Comune di Bologna e Whitney Museum of American Art di New York.

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Gallery credits:

1 Edward Hopper, Self Portrait (1903 1906 Oil on canvas, 65,9×56,2 cm) Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art

2 Edward Hopper, Le Bistro or The Wine Shop (1909 Oil on canvas, 61x 73,3 cm) Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art

3 Edward Hopper, New York Interior (1921 Oil on canvas, 61,8×74,6 cm) Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art

4 Edward Hopper, Light at Two Lights (1927 Watercolor and graphite pencil on paper, Sheet:.35,4×50,8 cm) Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art

5 Edward Hopper, South Carolina Morning (1955 Oil on canvas, 77,2×102,2 cm) Whitney Museum of American Art, New York; given in memory of Otto L. Spaeth by his Family © Whitney Museum of American Art, N.Y

25 marzo 2016

 

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