Dottore delbucodelcùl: meglio sporco o ignorante?

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Unibo annuncia una riforma del cerimoniale di laurea: obiettivo, niente schiamazzi


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Chi: I neolaureati
Cosa: Non potranno più festeggiare
Quando: se passano le nuove norme sul cerimoniale di laurea
Dove: per le strade di Bologna

Fa parlare, come ogni anno, il nuovo tentativo dell’Alma Mater Studiorum di riformare il cerimoniale di laurea. Si dice: “Tutti in fila sul crescentone in pompa magna, per una cerimonia solenne, all’americana”. E tutti ammirati, perché la questione viene rubricata come il desiderio di una più giusta considerazione dei nostri laureati, il vero prodotto interno lordo di questa città …

Unibo annuncia una riforma del cerimoniale di laurea: obiettivo, niente schiamazzi

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IN BREVE Chi: I neolaureati Cosa: Non potranno più festeggiare Quando: se passano le nuove norme sul cerimoniale di laurea Dove: per le strade di Bologna


di Simone Arminio

Fa parlare, come ogni anno, il nuovo tentativo dell’Alma Mater Studiorum di riformare il cerimoniale di laurea. Si dice: “Tutti in fila sul crescentone in pompa magna, per una cerimonia solenne, all’americana”. E tutti ammirati, perché la questione viene rubricata come il desiderio di una più giusta considerazione dei nostri laureati, il vero prodotto interno lordo di questa città. Eppure lo scopo, nemmeno tanto celato, dei tentativi di riforma in realtà è da sempre uno solo. Evitare lo scempio inaudito, gli schiamazzi goliardici, le ragazze per strada vestite da fatina, i ragazzi costretti a una qualche forma di gogna.

Gli eccessi, lo diciamo subito, disturbano, fanno male alla città, ne macchiano le strade e la dignità. Personalmente non ho mai apprezzato le uova e la farina, se non in forma di torta. Ma non si perda, per ciò, la capacità di discernere: i festeggiamenti di laurea in questa città hanno radici centenarie. E se lasciamo in pace la goliardia più ufficiale e ortodossa, di per sé deplorevole per certi eccessi di misoginia o di nonnismo, il resto è pura messa laica. Coronamento di un periodo irripetibile. Forse l’unica soddisfazione in una vita professionale che ormai considera qualsiasi titolo carta straccia.

E soprattuto l’unico momento di gloria del tutto personale, in un’università diventata diplomificio o catena di montaggio. Scandita da corsi di trenta ore (il corso per la patente, ormai, è più approfondito), da esami a crocetta, da sedute di laurea di massa. In cui i relatori non si presentano, il tempo a disposizione per la discussione di una tesi costata fatica si limita a pochi minuti, le toghe rimangono nei cassetti per noia, e il massimo di rapporto interpersonale tra laureando e docenti è una distratta stretta di mano. 

Non è fantascienza, ma la mia seduta di laurea triennale. Di quel momento, a distanza di anni, ricordo un professore che non aveva letto il mio lavoro (la mia relatrice era impegnata in cose più importanti, mi disse testualmente), un altro docente in pantaloni corti, la delusione celata di parenti, venuti da lontano per cinque minuti di gloria di un figlio costato caro come care sono le tasse universitarie dell’Unibo. Poi ricordo, e per fortuna, i tanti scherzi, le risate, il calore sincero e la soddisfazione dei tanti amici, i dottoridelbucodelcùl, i manifesti ironici e tutto il resto della fiera.

Non ricordo di aver fatto degrado, no. Ricordo passanti divertiti, sconosciuti farmi gli auguri e, al termine di tutto, tanta gente – me compreso – ripulire il suolo pubblico con divertita soddisfazione. Forse non tutti si comportano così, ne convengo. Ma i fasci di tutte le erbe, dovrebbe sapersi, non sono mai consigliabili. E le motivazioni ufficiali al rigore richiesto (“i cori fuori dall’aula disturbano e rallentano le discussioni di laurea”) lasciano quantomeno basiti. Come se il diritto allo studio e alla cultura, o quel che ne resta, non concedesse più neppure il piacere di quei cinque minuti di sana gioia.

In questi casi mi torna sempre alla memoria l’anziano nonno di una mia cara amica, Stefania. Degna eccellenza dell’Alma Mater (e da questa poi rifiutata come ricercatrice, quindi cervello in fuga, ma questa è un’altra storia) laureatasi con 110 e lode e una tesi sperimentale che ha portato in dote gratuita all’Unibo il blasone di un’importante scoperta internazionale. Fuori dall’aula, capirete la nostra euforia. E quando qualcuno storse il naso per gli scherzi (per la cronaca: il tutto durò cinque minuti, e anche in quel caso al termine si pulì tutto), il vecchio nonno contadino gelò tutti con una frase bellissima: “meglio sporca che ignorante“. E diede il suo placet. Ma forse, per troppi, è sempre meglio ignorante.

22 marzo 2012

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