Ai Teatri di Vita lo spettacolo di Copi

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La visione di ‘L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi’

  

copi-list01Chi: Copi, regia Andrea Adriatico
Cosa: recensione di L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi 
Con: Anna Amadori, Olga Durano, Eva Robin’s
Quando: messo in scena domenica 29 luglio 2012
Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente 485 

Atmosfera quasi beckettiana e sintassi dell’assurdo declinata in chiave omosessuale, transessuale, pansessuale – è difficile nella voluta complessità degli intrecci ritrovare la fabula e i principi essenziali della narratologia …

La visione di ‘L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi’

 

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IN BREVE Chi: Copi, regia Andrea Adriatico Cosa: recensione di L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi  Con: Anna Amadori, Olga Durano, Eva Robin’s Quando: messo in scena domenica 29 luglio 2012  Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente 485 

 

di Cristian Tracà

 

Atmosfera quasi beckettiana e sintassi dell’assurdo declinata in chiave omosessuale, transessuale, pansessuale – è difficile nella voluta complessità degli intrecci ritrovare la fabula e i principi essenziali della narratologia – questa, in una brevissima descrizione, l’essenza dell’ultima creazione di scena di Andrea Adriatico per Teatri di Vita, L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi.

Lo spettacolo del drammaturgo franco – argentino Copi, proposto all’interno del cartellone festivaliero Cuore di Grecia raccoglie consensi nella nicchia che vive con passione le proposte sempre interessanti del teatro di via Emilia Ponente. Tantissimi i pregi: innanzitutto la possibilità di scoprire un testo brillante e irriverente, una regia fuori dagli schemi, capace di riplasmare uno spazio marginale della città in un’arena dell’incredibile, dove campeggia una sorta di salice piangente guarnito da una decadente cascata di finocchi, gioco probabilmente allusivo, così come le mutilazioni via via messe in scene, del senso di caos e della difficoltà di esprimersi e dare etichette della rappresentazione omosessuale, e della società tutta.

Ottimo anche il gioco di interpretazione creato dagli scambi irriverenti tra le tre attrici, con il loro rovesciamento dell’ideale terzetto neoclassico delle Grazie. Antieroiche, lontane dal canone della donna tradizionale Eva Robin’s, Olga Durano e Anna Amadori: ciniche, brutali, parodiche, perfette interpreti di una scena irresistibilmente grottesca. Gustoso in generale l’effetto di ribaltamento di grandi maschere classiche: il generale della steppa che assume i tratti dell’amante di Jean Claude di Sensualità a corte, l’insegnante di piano dall’aspetto tutt’altro che asburgico, un rapporto genitori – figli sviscerato e continuamente capovolto fino alla labirintica dispersione.

La trama? Inutile provare a capire chi sia Irina, chi siano i suoi amanti, di chi sia il feto che espelle volgarmente mentre narra dei suoi incontri occasionali tra le foreste e le stazioni di una metaforica steppa. Anche un terzetto di uomini in scena, anche se solo come comprimari: Maurizio Patella, costante presenza degli spettacoli di Adriatico, Saverio Peschechera e Alberto Sarti. Vastissima l’eco di riferimenti che si possono intravedere tra i meandri del testo, tra le foglie degli alberi immobili e cangianti della scenografia: c’era un incubo freudiano dietro alla morbosa voracità di Irina che porta dentro di sé il suo topolino? Difficile dirlo, meglio rinchiudersi in una montaliana definizione per via negativa.

2 agosto 2012

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