Recensione di “Susn”, in scena a Teatri di Vita

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La disperata condanna all’isolamento nel particolarissimo Kammerspiel di Ostermeier

 

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Chi: Thomas Ostermeier
Cosa: recensione dello spettacolo teatrale “Susn”
Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente, 485

Un teatro che scopre una singolarissima profondità di campo con la prospettiva del cinema anni Venti: l’Ostermeier che approda a Teatri di Vita con Susn mette in scena una narrazione che ribalta in qualche modo l’essenza della teatralità stessa. In questo spettacolo è lo sfondo a creare la percezione del movimento,…

La disperata condanna all’isolamento nel particolarissimo Kammerspiel di Ostermeier

 

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IN BREVE Chi: Thomas Ostermeier  Cosa: recensione dello spettacolo teatrale “Susn”  Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente, 485

 

di Cristian Tracà

 

Un teatro che scopre una singolarissima profondità di campo con la prospettiva del cinema anni Venti: l’Ostermeier che approda a Teatri di Vita con Susn (il 18 e 19 febbraio scorsi, ndr) mette in scena una narrazione che ribalta in qualche modo l’essenza della teatralità stessa. In questo spettacolo è lo sfondo a creare la percezione del movimento, rispetto all’azione dei personaggi che è minimale se non nulla.

I paesaggi che cambiano mentre la vita di Susn scorre senza grandi cambiamenti che non siano esacerbazioni della sua sofferenza danno quel tocco intimo da kammerspiel che in fondo è la cifra di poetica dichiarata dal regista. La solitudine e l’incomunicabilità che rende di una sostanza maledettamente rigida l’atmosfera attorno alla donna pietrifica non solo le persone che entrano nella sua vita, ma persino gli sguardi: tanto che l’esibizione della macchina da presa a mo’ di webcam altro non appare che come un occhio algido su un’esistenza che non conosce calore e che lo elemosina disperatamente.

L’umiliazione davanti al proprio amante che la scarnifica a mero oggetto di rappresentazione d’isteria letteraria fino a condannarla alla dannazione raggiunge il punto più alto sul finale, quando nemmeno la versione più kitsch di un Cristo muto riesce a redimere Susn dal disincanto di essere condannata a rimanere inascoltata per sempre. Quello di Ostermeier è uno sguardo acuto e particolarissimo, peccato che si frapponga la difficoltà della traduzione dal tedesco all’italiano in un dramma che è soprattutto parola e che nella difficile missione (se non utopia) di non far disperdere nessuna forza vitale di questa sorta di stream of consciousness deve fare i conti con il limite dell’alterità della lingua.

Non mancano passaggi e parole che alludono a sensazioni e immaginari molto crudi. Forse rispetto a qualche altro spettacolo in cartellone nel teatro bolognese di Via Emilia Ponente c’è un gioco di maggiori allusioni e non detti. Basti pensare che nel già ridottissimo schema d’interazione tra i personaggi, il protagonista maschile, Edmund Telgenkämper, in scena vive solo di sguardo e movimento essenziale, quasi una quintessenza dell’uomo teutonico consegnato spesso all’immaginario comune. Dopo le acrobazie di St- Pierre con Foudres il pubblico si è potuto confrontare con un altro nome di grandissimo prestigio nella scena internazionale.

Tra i tanti riconoscimenti ottenuti negli ultimi anni da Ostermeier, direttore da dieci anni della Schaubuhne di Berlino, un particolare significato assumono il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2011, il premio della critica come migliore produzione internazionale in Cile, il Friedrich-Luft-Prize come “miglior spettacolo a Berlino”, il premio d’onore dal diciottesimo festival teatrale di Istanbul del 2012.

20 febbraio 2013

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