Il PIL e la misura della felicità

Il progetto BES promuove in Italia la ricerca sugli indicatori del benessere

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IN BREVE Chi: Istat e Cnel Cosa: Misurare il benessere Quando: dal 2010

Il Prodotto Interno Lordo non è sufficiente per decidere del grado di benessere di un Paese. Questo è il punto da cui sono partiti Cnel e Istat con il progetto BES – Benessere Equo Sostenibile – per svolgere uno studio volto alla definizione dei parametri fondamentali da tenere in considerazione per sviluppare un indice più preciso e veritiero del PIL. Nell’ambito del BES, il Comune di Bologna ha disegnato un percorso parallelo, l’urBES, che affianca alla dimensione nazionale di BES un’attenzione specifica alla nostra area metropolitana.

Ecco, se è uscita una cosa buona da questa crisi infinita, si tratta proprio della messa in discussione del dio-PIL. Fino ad oggi, basandosi sul PIL si decideva se un Paese fosse ricco, progredito, felice. Già la ricchezza è scarsamente descritta dal PIL dato che si tratta di un indicatore che tende a considerare in un blocco unico le ricchezze, ignorando le sottili sfumature e ponendo miliardari e nullatenenti nello stesso PIL. Ma questo problema è risolvibile chiamando in causa altri parametri economici ed eliminando dal conteggio della media nazionale le frange più estreme di cui prima. Il difetto sostanziale di questa impostazione è, piuttosto, che il progresso e la felicità non si possono misurare in dollari.

Fino a qualche anno fa, un discorso del genere sarebbe stato roba da “fricchettoni”, ma da un po’ di tempo le cose stanno cambiando. La ragione fondamentale del ripensamento sta nel fatto che il sistema capitalistico è stato messo in discussione dai suoi recenti fallimenti. Pare – pare – che non tutte le ingiustizie del mondo vengano corrette dalla mano santa del mercato, per quanto autorevoli banche d’affari come JP Morgan vogliano farci credere che le ragioni della crisi economica siano da cercare nell’eccessivo socialismo dei governi e delle Costituzioni del sud Europa.

Ora si sta cercando di capire, in primo luogo, quali dovrebbero essere le dimensioni su cui articolare un indicatore del benessere equo e sostenibile: l’Istat ne individua 12 – Salute, Istruzione e Formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi. Il Comune di Bologna sta anche raccogliendo le risposte a un questionario per capire quali punti stanno più a cuore ai bolognesi.

In secondo luogo, ci sarà da definire in modo scientifico come misurare con efficacia tutti questi parametri. L’Istituto italiano Euricse, ad esempio, è tra i pionieri in questo tipo di ricerca, anche grazie alla collaborazione con il prof. Partha Dasgupta, tra i promotori dell’Inclusive Wealth Report. Nel dare una forma rigorosa e misurabile a dei nuovi indicatori si giocherà una buona parte della battaglia per scalzare il dio denaro dalla sua posizione di dominio assoluto delle vite e delle aspirazioni dei popoli.

 

27 giugno 2013

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