Sinfonia a Bombay, sacro furore d’amore

L’opera di Igort riproposta in una nuova edizione graphic novel

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IN BREVE Cosa: Sinfonia a Bombay di Igort Costo: 24 euro

Per quanto riguarda gli anniversari “a fumetti”, il 2014 è stato un anno pieno e importante per Bologna. Cinquant’anni fa nascevano due icone del fumetto nero italiano quali Kriminal e Satanik, entrambe ideate graficamente da Roberto Raviola, in arte Magnus. A cui si deve anche Alan Ford, che spegne 45 candeline. E trent’anni ha festeggiato – vedi mostra sponsorizzata da Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna – il gruppo di Valvoline motorcomics. Gli allora sei baldi giovani furono una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda il pensare e il comporre fumetto, in Italia. Cosa ben visibile in Sinfonia a Bombay, forse l’esempio più lampante di quanto si è appena affermato. Fu il primo graphic novel (quando ancora non si parlava di graphic novel) a uscire dalle chine di Igort su testi di Daniele Brolli.

In realtà lo possiamo definire “graphic novel” oggi, dalla distanza dei trent’anni, perché la storia venne pubblicata a puntate, come era in uso, nel supplemento Valvoline. A sua volta questo supplemento era veicolato nelle edicole grazie a una delle ammiraglie della nona arte qual era la rivista mensile AlterAlter, che lo conteneva, quasi a fargli da ciocchia. Comunque sia, Sinfonia a Bombay ha visto la luce per la prima volta a puntate, dal gennaio al luglio 1983. Ma è solo da alcuni mesi che questo racconto grafico ha avuto, grazie a Coconino Press, la possibilità di apparire per la prima volta in volume. Con l’aggiunta di una colorazione digitale opera dello stesso Igort, autore unico ad apparire in copertina, Sinfonia a Bombay (pp. 83, € 24) viene finalmente proposta in una soluzione unica e possiamo finalmente leggerla come una vera graphic novel.

Le pagine organizzate da Brolli («un testo meraviglioso e allucinato» viene definito nell’introduzione) e “create” da Igort, sono pagine che hanno resistito egregiamente al passare del tempo, attestandosi in una forma di classica modernità. Indubbiamente vi si legge – per chi ancora sa leggere oltre la combinazione di chine e parole – il fermento, la curiosità e, perché no, l’ingenuità degli autori. Vi si legge soprattutto il loro meticciare elementi narrativi e grafico-stilistici provenienti dal passato contemporaneo, il gioco delle combinazioni, l’amore nello sperimentare soluzioni laddove altri non vedevano più in là del proprio naso. «Eravamo dei bellimbusti, scemi e sognatori» afferma Igort nella lunga introduzione alle vicende di Helios Dutta e Aparna Tagore. Ma bellimbusti che adoravano «le attese di Nel corso del tempo, gli aforismi di Handke, le malinconie fredde di Botho Strauss». Cose che, anch’esse, formano il terz’ultimo decennio del Novecento per quanto riguarda il rinnovamento artistico.

Sfogliare le novanta tavole che compongono Sinfonia a Bombay significa avere davanti un universo in espansione, un luogo dove tutto appare possibile.
Se gli anni Ottanta sono stati un terreno di sperimentazione vasto e multiforme, a buon diritto Igort e Brolli, come il gruppo di fumettari raccolto sotto il nome Valvoline, ne hanno interpretato il senso pieno, ne hanno indossato gli abiti migliori. Con sfrontatezza, anche. «Sentivo che era inutile portare un sacro rispetto ai grandi» scrive Igort. «Mi pareva imbecille e tapino, togliersi il cappello». Bisognava osare. E questo è stato fatto. Anche per quanto riguarda il lavoro nello specifico. Igort lo ha impreziosito di profumi esotici, ma ricordando sempre il suo sguardo di occidentale in viaggio per luoghi tutti da scoprire. Non più colonialista, ma con la curiosità del vedere oltre nel quanto letto, visto, studiato, e del vedere in sé.
Anche per questo la storia contenuta in Sinfonia a Bombay, è un labirinto di specchi, un roveto di rimandi iconici e narrativi che si inseguono, tracimano, si disciolgono uno nell’altro in modo irrefrenabile.
Chi lo ha definito “citazionismo nostalgico” non ha sbagliato. A noi però piace pensare questo graphic novel ante litteram come il sacro furore che prende l’innamorato, la prima volta che si trova davanti al proprio soggetto/oggetto del desiderio, da solo a solo.

8 settembre 2014

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