32 rue Vandenbranden, danzare la solitudine e l’incapacità del desiderio

La compagnia Peeping Tom porta all'Arena del Sole un classico del suo repertorio

IN BREVE Cosa: Spettacolo di teatro-danza Chi: Compagnia Peeping Tom: 32 rue Vandenbranden Quando: 25 – 26 maggio Dove: Teatro Arena del Sole, Via Indipendenza, 44 Bologna Costo: a partire da € 8.50

Che si usi la funzione Mappe di un computer o di un telefonino Apple o Google maps, il risultato è identico. Digitando rue Vandenbranden, apparirà una strada di Bruxelles. Una strada anonima, nemmeno tanto lunga, a ridosso di Boulevard Barthélémy e a pochi minuti dal Canale Bruxelles-Charleroi.

Gabriela Carrizo e Franck Chartier, i registi fondatori della compagnia belga Peeping Tom, hanno preso questa via, al numero civico 32, per creare uno spettacolo di teatro-danza estremamente “fisico”.

Andato per la prima volta in scena nove anni fa, 32 rue Vandenbranden approda a Bologna grazie a ERT-EmiliaRomagna Teatro il 25 e 26 maggio, presso l’Arena del Sole, in sala Leo De Berardinis.

La strada da cui discende il titolo, si è però trasformata. Al posto dei palazzi, due case-roulotte poste una di fronte all’altra, come a delimitare lo spazio aperto che resta fra di loro. Lo si potrebbe definire una specie di indefinita piazzola di sosta in cima a una montagna, su cui si adagia un cielo plumbeo. Un non luogo da cui si potrebbe far spaziare lo sguardo verso l’infinito, che invece resta chiuso in se stesso, in modo quasi claustrofobico, immerso nella neve e nel ghiaccio.

È in questo spazio iperrealistico che si muovono i sei performer del collettivo Peeping Tom. Tra di essi compaiono non solo ballerini, ma anche un mezzo soprano, Euridike De Beul, più quelli che Zoë Anderson sull’Independent ha definito “contorsionisti”. Quindi, insieme alla De Beul, sul palco dell’Arena del sole offriranno anima e forma allo spettacolo Jos Baker, Marie Gyselbrecht, Hun-Mok Jung, Maria Carolina Vieira, Seoljin Kim.

Quello che lo spettatore potrà vedere sarà un mondo in cui surreale e iperreale si scontrano e si incontrano, dove elementi quasi orrorifici si sommano a momenti di nonsense o di surrealtà, attraversato spesso da una ironia feroce, da motivi farseschi. A sostenerli un uso del corpo che ricorda quanto era di Pina Bausch, se possibile estremizzato. Un sovrapporsi e sommarsi di stili necessario a Carrizo e Chartier per raccontare la loro visione dell’universo umano, che si confronta con la solitudine, con le forme di incomprensione presenti nei rapporti familiari.

I sei personaggi che calcano la scena paiono vivere sul confine fra quanto accade e quanto loro pensano stia accadendo, in un continuo entrare in crisi, venire attanagliati dalla paura tanto da restarne impaniati. Il luogo stesso dentro cui agiscono appare come una metafora di quanto accade in una mente “alienata”.

Il racconto che 32 rue Vandenbranden sciorina nei suoi ottanta minuti, è potentemente immaginifico, ma anche crudamente realistico nel descrivere a suo modo la nostra crisi di contemporanei, incapaci di comprendere cosa abbiamo attorno, perciò pronti a rinchiudersi al proprio interno.

A ispirare il lavoro, La ballata di Narayama, pellicola giapponese del 1983, firmata da Shohei Imamura con cui ha vinto la Palma d’oro al XXXVI Festival di Cannes. Remake del film di Keisuke Kinoshita del 1958, è anch’essa tratta da Le canzoni di Narayama, raccolta di racconti firmata dallo scrittore Shichirō Fukazawa. Imamura filma il cammino di Tatsuhei, figlio primogenito, che accompagna Orin, la sua anziana madre, sulla cima del monte Narayama, dove ha deciso di lasciarsi morire.

La neve, in primis, ma anche molti quadri richiamano la pellicola di Imamura. Per esempio, quello in cui Jos Baker si porta in schiena Maria Carolina Vieira, proprio come fa Tatsuhei con Orin. Si potrebbe dire, a ragione, che tutti i sei protagonisti lottino con i loro pesi fisici ed emotivi. Nelle intenzioni dei registi, il riferimento alla Ballata non va infatti a toccare il rapporto fra vita e natura. La loro attenzione è puntata direttamente al subconscio dell’essere umano, ai condizionamenti che gli impediscono di essere ciò che più profondamente desidera.

Impegnativo ma al tempo stesso coinvolgente, 32 rue Vandenbranden è un classico nel repertorio della compagnia, vincitore del premio “Olivier” 2015 come migliore produzione di danza. Al suo interno il virtuosismo e la tecnica degli interpreti si fondono con l’immaginazione e la creatività, dando vita a un’opera originale, appassionante, fisica e visionaria allo stesso tempo.