Teatro Duse, uno spazio culturale aperto

Intervista al presidente del cda Walter Mramor in occasione della nuova stagione

Teatro Duse intervista Mramor

Chi: Walter Mramor Cosa: intervista Dove: Teatro Duse Quando: stagione 2019/2020 Immagine: Don Chisciotte, foto di Lucia De Luise

Il teatro Duse riapre i battenti tra meno di un mese, esordendo l’11 ottobre con la stagione di prosa ufficiale con Michele Riondino protagonista de Il Maestro e Margherita. In attesa di farvi conoscere tutti gli appuntamenti della ricca stagione abbiamo intervistato il Presidente Walter Mramor, dialogando ad ampio raggio sulle vicende di questi anni di gestione, sul presente e sul futuro di una grande realtà culturale bolognese, provando a ragionare sulle dinamiche artistiche ed economiche che si nascondono dietro la gestione di un teatro così grande.

Nona stagione della nuova Direzione Artistica del Duse: un primo bilancio di questo decennio alla guida di un teatro che avete ereditato in forte difficoltà?

La difficoltà era importante, stava chiudendo. Il bilancio è positivo, in crescita anno dopo anno. Abbiamo visto che il pubblico bolognese e dell’intera regione è affezionato a questo spazio storico della cultura regionale e nazionale. Piano piano lo abbiamo riattivato e la crescita costante ci ha dato molte soddisfazioni. Abbiamo anche sperimentato percorsi nuovi oltre la prosa, sempre con l’aiuto del pubblico che ci segue e che ci accompagna con una media di 800 spettatori a sera, che è paragonabile solo alla gestione ETI quando era in piena salute. Negli ultimi anni soffriva molto anche l’ETI nella gestione. Visti i risultati, siamo ottimisti.

Com’è andata l’ultima stagione? Quali analisi avete compiuto per scegliere la nuova programmazione?

Il Duse è di nuovo al centro della vita culturale bolognese, un punto di riferimento imprescindibile del teatro nazionale. Gli abbonati hanno superato quota 3 mila, una grandissima partecipazione. È piaciuta molto la rassegna di prosa. Abbiamo aggiunto spettacoli soprattutto nel segmento che chiamiamo Oltre, che ha incuriosito molto il nostro pubblico e che si dipana parallelamente alla stagione di prosa.

Quali spettacoli di cosiddetta ‘sperimentazione’ vedremo?

Sperimentazione è un termine molto complicato. Credo che la sperimentazione abbia bisogno di luoghi ed economie specifiche. Ci sono delle realtà che hanno dei contributi ad hoc per fare questo tipo di lavoro, quindi non definirei sperimentale la nostra programmazione. Parlerei più di cartellone multidisciplinare. Negli anni il Duse si è aperto alle arti: la danza, il teatro narrato, la musica, i concerti, il circo-teatro. Abbiamo sperimentato, per la verità, con il coreografo Fabrizio Favale nel segmento della danza di ricerca, un progetto bello durato tre anni, che abbiamo dovuto interrompere per una questione di economia. Sono percorsi più adatti per teatri che sono sostenuti proprio per portare avanti questo tipo di attività.

Più di 60 spettacoli. Nel panorama bolognese siete la realtà che emerge per l’abbondanza della programmazione. Come fate a mettere in campo questo grande numero di spettacoli? Quale ragionamento produttivo c’è dietro?

Il meccanismo è semplice. Il teatro è uno spazio culturale. Più è aperto e più giova e fa bene alla città. Noi sentiamo molto la funzione pubblica, pur essendo un teatro a gestione privata. Pensiamo che questo luogo debba essere fruito il più possibile dalla cittadinanza, Bologna lo richiede. Abbiamo visto che se facciamo la danza al giovedì la gente viene volentieri. Il Duse peraltro non è solo l’attività che si svolge a teatro; il teatro esce attraverso la sua offerta didattica e formativa, allestisce letture drammatizzate, va a fare spettacoli all’interno delle scuole per avvicinare i giovani. Voglio rimarcare che crediamo nella funzione pubblica della nostra attività. Non siamo solo teatro di ospitalità e botteghino, abbiamo una visione più ampia e di crescita. E credo che questa scelta ci abbia premiato col tempo.

Qual è il target specifico su cui costruite la vostra stagione?

Siamo partiti dai grandi affezionati rispettando la storia pluriennale di questa istituzione. Poi si è aperto un ventaglio di pubblico che è diventato molto ampio e variegato. Per esempio i giovani, per i quali ci sono dei prezzi scontati. Abbiamo aperto agli amanti delle arti, della danza, dei concerti che magari poi si innamorano anche di qualche spettacolo di prosa e tornano a teatro. La programmazione multidisciplinare è un aiuto all’allargamento della propria platea.

Dal suo punto di vista i bonus cultura per studenti e insegnanti hanno aiutato il mondo del teatro?

Abbiamo avuto molte richieste sia da insegnanti che da studenti. Questo mi fa pensare che i bonus siano stati utili.

Sul palcoscenico ci saranno moltissimi volti noti del piccolo schermo. Quanto contribuisce ancora oggi secondo lei questo elemento al successo di uno spettacolo? La tv può fare ancora da traino al teatro?

Abbiamo optato quasi sempre per quei volti noti in televisione ma anche in teatro. Penso a Lino Guanciale: sta avendo un grande successo in tv ma è nato in teatro, viene da un’accademia teatrale ed è un ottimo attore teatrale. Come del resto anche Michele Riondino. Non sono nomi televisivi, sono degli artisti, che fanno radio, cinema, teatro, televisione o scrivono. Penso poi a Umberto Orsini, nessuno lo collega alla televisione ma non dimentichiamo che negli anni Sessanta era un grande protagonista del piccolo schermo. La televisione aiuta l’artista ad avere una maggiore notorietà ma poi l’artista è l’artista. Un buon progetto e uno spettacolo fatto bene, accompagnato da un personaggio conosciuto, arriva a un pubblico maggiore. Non dimentichiamoci che il teatro è sempre dal vivo, l’artista si mette in gioco e deve avere la forza di salire tutti i giorni sul palcoscenico. È compito degli operatori convincere il pubblico attirato al teatro dal volto noto che è sempre un’emozione venire a teatro.

Ci incuriosisce molto l’investimento forte su Gianni Morandi. Perché questa scelta?

È un progetto nato pian piano, ragionandoci nel corso degli anni. Gianni è uno spettatore del Duse. ‘Stasera gioco in casa – Una vita di canzoni’ è nato da un’idea semplice: fare una residenza musicale da noi. Quest’anno canterà solo a Bologna e solo nel nostro teatro. Non sono molti i teatri che si dedicano a questo tipo di attività. Il progetto sta riscuotendo un enorme entusiasmo da parte del pubblico e chissà, forse, le date potrebbero aumentare. Gianni è una persona molto disponibile ed è un artista veramente straordinario. L’abbiamo avuto a sorpresa alla nostra conferenza stampa e in un quarto d’ora insieme a Mario Lavezzi hanno percorso la storia della musica italiana: ha dimostrato ancora una volta di essere un artista clamoroso.

C’è una parte del cartellone dedicata alle donne con delle proposte molto interessanti. Come mai avete sentito questo bisogno culturale di dedicare una sezione specifica al racconto del mondo delle donne?

Abbiamo sentito il bisogno qualche anno fa quando abbiamo creato questo percorso e anche oggi è fortemente significativo. Anche oggi aprendo i giornali si sente parlare di violenza fisica e psicologica nei confronti delle donne. È per questo da qualche anno diamo voce alle donne, in modo che loro stesse raccontino il mondo femminile. Non è solo un percorso politico ma anche poetico.

Importante anche l’investimento sulla danza. Qual è, secondo il vostro punto di osservazione, il rapporto del pubblico con la danza a teatro oggi?

È un mondo molto articolato. Quest’anno la nostra è una programmazione piuttosto classica. Ci sono degli spettacoli che vogliono avvicinare un pubblico più giovane. Ci ha mosso il desiderio di portare la danza internazionale. Mi piacerebbe fare qualcosa di più, vista la vastità di proposte. Abbiamo in cartellone 6 spettacoli, ma spero che poi nel corso dei mesi si possa aumentare il numero. Il pubblico reagisce molto bene alla proposta della danza. Come direttore artistico sono stato il creatore del circuito danza nel Friuli Venezia Giulia: i teatri prima da quelle parti non programmavano o programmavano pochissimo. Dopo un lavoro di 15 anni oggi 20 teatri della regione ospitano la danza. È un lavoro lungo, ma già vediamo i frutti di questo lavoro. Non solo il balletto classico ma anche la danza contemporanea sta vivendo un buon momento.