L’Incredibile Storia dell’Isola delle Rose, il film di Sydney Sibilia è troppo e troppo poco

Su Netflix un'avventura italiana per tutti, ispirata alla realtà

Cosa: L’Incredibile Storia dell’Isola delle Rose, una recensione Regia: Sydney Sibilia, 2020 Cast: Elio Germano, Matilda De Angelis, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti Dove: su Netflix

Il ’68 italiano nella bizzarra vicenda di un ingegnere che, mosso – classicamente – dalla ricerca di libertà e dall’amore, costruisce al largo di Rimini, in acque internazionali, una piattaforma d’acciaio per farne uno Stato indipendente. L’Incredibile Storia dell’Isola delle Rose, garbato racconto di 120 minuti ispirato a una storia vera (che mostra anche scorci del centro storico di Bologna), si lascia vedere, ma sembra al tempo stesso troppo e troppo poco. In un racconto non sempre serrato, che i suoi tempi comunque se li prende, molti sono gli aspetti che rimangono poco sviluppati. Ma andiamoli a elencare.

Il film di Sydney Sibilia (autore dei Smetto quando Voglio) è soprattutto un film di ribellione più o meno giovanile, organizzata da una manciata di personaggi fortemente caratterizzati. Ricorda, per molti versi, I Love Radio Rock, ha anche le sue canzoni contrabbandate in italiano, come si usava in quegli anni. Ma qui i personaggi si parlano poco, le dinamiche fra loro sono ridotte all’osso, le battute realmente pensate e scritte sono una manciata, e quello che doveva essere il cuore dell’operazione rimane debole. Peccato.

Si diceva ’68 e dintorni, dunque rivoluzione, ribellione. Anche questo aspetto viene proposto come tema, si poggia su filmati d’epoca e riferimenti a Parigi, ma dovessi dire che L’Isola delle Rose è un film che inneggia alla libertà, che lascia la voglia di provare o almeno immaginare un atto quasi rivoluzionario, o la nostalgia per quel che sarebbe potuto essere, mentirei. La calma è piatta.

Cosa fanno, davvero, su quell’isola? In qualche scena si vede gente che si sbraccia, ballicchia, nient’altro. Se poco succede fra protagonisti e comprimari, niente succede sull’isola. Alla fine l’abbattono, ma nella sostanziale indifferenza.

Si comprende il valore aggiunto di Elio Germano, ma l’abitudine di far recitare gli attori in un dialetto non loro porta a una resa forzata. Anche Fabrizio Bentivoglio da milanese diventa palermitano, ma, probabilmente il ruolo più defilato e macchiettistico, un paio di sue battute stralunate rimangono i momenti più divertenti del film. D’altra parte, tutto l’aspetto politico, che trova anche Luca Zingaretti nei panni di Giovanni Leone, non sa decidersi se provare a essere qualcosa di più dell’indossare una maschera posticcia. La “satira” rimane innocua, senza suscitare sdegno per la prepotenza di Stato né esaltare l’aspetto surreale, per disparità di forze, dello scontro.

All’Isola delle Rose, disponibile su Netflix, rimane il merito di offrire, per Natale, un film familiare con degli spunti più originali della media, ma è difficile non pensare che il tutto sarebbe potuto potuto essere più sensato, compiuto e divertente.

voto: 3 su 5

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