Biografilm Festival: il documentario diventa maggiorenne

Il Festival bolognese sulle storie di vita spegne le sue prime diciotto candeline con 90 film in programmazione

COSA Biografilm festival 2022 DOVE Bologna, luoghi vari QUANDO 10-20 giugno info www.biografilm.it

E Biografilm anzi, il Biografilm Festival spegne le diciotto candeline e diventa maggiorenne. Lo fa inaugurando oggi la sua diciottesima edizione. Una edizione che ci terrà compagnia dal 10 al 20 giugno, a Bologna, dividendosi per quattro sale cittadine e un chiostro. I novanta film del programma saranno infatti visibili non solo nelle sale del cinema Jolly, del cinema Medica e nelle due del cinema Lumière, ma anche nel chiostro del complesso di Santa Cristina “della fondazza”.

Diventa quindi maggiorenne questo festival che a ogni edizione ci propone la celebrazione delle vite “degli altri” – famose e non, ma sempre importanti. Lo fa offrendo una notizia buona, ma anche cattiva. Almeno, “cattiva” per noi giornalisti. Questa è infatti «l’ultima edizione in cui è ancora presente la cartella stampa. Dalla prossima edizione, sarà solo on line». Lo dice Massimo Mezzetti, direttore generale del Biografilm, lasciando un po’ sgomenti, visto che una cartella stampa si foglia più agevolmente, serve per prendere appunti al margine ecc.

Pazienza, ce ne faremo ragione. Al pari della già avvenuta scomparsa del programma, di già smaterializzato e reperibile sul sito ufficiale. Ma anche su questo, cosa importa se l’offerta è più che ricca? Ci si organizza, provando a non confondersi nello scorrere delle pagine in elettronico e poi si va.

Ma venendo al programma. L’onore di aprire le sale lo ha avuto per la sezione Eventi speciali, Mr. Landsbergis. È un documentario onesto e molto acuto su Vytautas Landsbergis diretto da Sergei Loznitsa. Come inizio è niente male.

Ma la prima vera spallata ci sarà stasera al cinema Medica alle 22.30 con l’anteprima italiana di The Princess. Il film di Ed Perkins, sempre della sezione Eventi Speciali, celebra l’indiscusso fascino della principessa Diana. Un evento in tono con il Festival. Che anzi ne sottolinea la continuità nell’approccio, tutto centrato sul desiderio di mescolare gli sguardi e i generi cinematografici, ma anche sull’idea di mostrare quanto i documentari abbiano un respiro ampiamente cinematografico, tenendo però sempre al suo centro l’importanza delle “vite degli altri”.

Dicevamo del fascino. Proprio di fascino sembra parlino questi due titoli. In uno si da spazio alla figura carismatica di Landsbergis, personaggio pubblico e leader di Sąjūdis il movimento per l’indipendenza della Lituania. Landsbergis è stato una delle figure più coerenti fra quelle lituane alzatesi per ottenere da Gorbačëv l’indipendenza di questa nazione dall’Unione Sovietica. Il fascino – di tutt’altro genere, ma sempre tale – è presentissimo anche nella storia di Lady Diana Spencer proposta da Perkins. Lo emana ancora oggi, a vent’anni dalla scomparsa, attraverso le immagini di quest documentario monstrum, di questo colossal postumo. Sono infatti quasi due ore realizzate interamente usando materiali di archivio, ma montati con un approccio diremmo non scontato.

Di fascino sono colmi per varie ragioni molti altri titoli fra quelli spalmati sulle sette sezioni del Festival. Grazie anche alla presenza carismatica di alcuni interpreti. Da sottolineare che sono ben 90 i film proposti in questa edizione del Biografilm, quindi non è complicato riconoscere la capacità attrattiva di molti fra di essi. Se siamo lontani dal fitto di precedenti edizioni, per quanto riguarda i numeri, ci sono comunque nove proiezioni al giorno di alto valore comunicativo. Fra di esse troviamo 24 opere prime e ben 72 anteprime per l’italia, di cui 24 internazionli e 22 mondiali.

Fascino, per esempio, lo promana Les jeunes amants di Carine Tardieu (20 giugno, Medica, h. 20). Qui troviamo una splendida Fanny Ardant a sostenere le sorti della storia d’amore fra una settantenne e un quarantacinquenne felicemente sposato. Collocato sempre nella sezione Eventi speciali il film, alla presenza dell’attrice francese, chiuderà ufficialmente questa edizione del Biografilm. Ma di fascino, seppure inteso in modo non propriamente positivo, possiamo trovarlo nella riflessione ad ampio spettro che Biografilm mette in campo sul cosa significa la violenza sulla vita delle persone e nella quotidianità. Il tema della guerra scorre di fatto in varie pellicole, anche se declinato su vari livelli.

Se di Mr. Landsbergis abbiamo già detto, ecco Young plato (13 giugno, Lumière, h. 14.30). Qui i registi Neasa Ní Chianáin e Declan McGrath raccontano gli effetti che il conflitto nordirlandese porta con sé ancora oggi. Lo fanno entrando nella scuola di un quartiere popolare di Belfast, dove un dirigente scolastico usa i filosofi greci per mettere in discussione la mitologia della guerra e della violenza e così combattere anche la povertà endemica della comunità.

E che dire di The Story Won’t Die di David Henry Gerson? Il documentario presentato in anteprima italiana il 20 giugno (Lumière, h. 17), in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, mette in scena i racconti di alcuni artisti siriani sugli atti di ribellione messi in campo contro il regime militare di Bashar al-Assad e di come essi siano stati pagati con torture e con l’esilio dal proprio paese.

Molto sullo sfondo, per quanto presente, resta invece il conflitto israelo-palestinese in Erasmus in Gaza (11 giugno, Lumière, h. 17), documentario dalla produzione spagnola ma firmato da Chiara Avesani e Matteo Delbò. In esso incontriamo Riccardo, primo studente occidentale a fare l’Erasmus all’interno della striscia di Gaza. Quando il conflitto si riaccende, questo studente in Medicina deve giocoforza iniziare a prendere decisioni non proprio semplici per se e per il suo futuro.

Sono duri, durissimi i dieci corti di Myanmar diaries (oggi, Lumiére h.19.15), firmati dal The Myanmar Film Collective. Dietro questa sigla si nascondono dieci anonimi registi che portano altrettante testimonianze di giornalismo partecipativo sulla brutalità della dittatura militare nel Myanmar e sui tentativi di resistenza da parte degli attivisti dell’opposizione.

Cambiando orizzonti, grande fascino sprigionano i protagonisti, tutti scrittori di grande calibro, di una manciata di documentari.

Sentitissimo quanto esaustivo è l’omaggio a Gianni Celati, che viene ospitato sotto il titolo di Gianni Celati poeta del documentario dal 13 al 17 nel Chiostro del Complesso di Santa Cristina “della Fondazza”.

Di questo scrittore, traduttore, regista e interprete che ci ha lasciati da poco, del suo sguardo così particolare e profondo, verranno proposti tutti i documentari da lui girati, più altri due titoli in cui lo si ritrova davanti alla macchina da presa. Questo il caso di due titoli del regista Davide Ferrario: Mondonuovo e Sul 45° parallelo in programmazione per il 13 giugno (h. 21.30).

Ad accompagnare ogni proiezione, la presenza di amici, interpreti e collaboratori di Celati: da Grazia Verasani a Ermanno Cavazzoni ecc.

Detto questo, il 18 giugno in Piazza Maggiore, sarà bello immergersi in Grossman il documentario che Adi Arbel ha girato su e con David Grossman. Il maggiore rappresentante della letteratura Israeliana nel mondo, racconta al regista le fitte relazioni che intercorrono fra le sue vicende personali e i romanzi che ha scritto. Una vera lezione magistrale a cuore aperto, preceduta inoltre da una intervista al protagonista e alla regista condotta dal direttore del quotidiano la Repubblica, Maurizio Molinari. Questo anche perché la presenza di Grossman è stata possibile grazie alla sinergia messa in piedi fra Biografilm e Repubblica delle Idee.

Sempre nel luogo che pare deputato agli scrittori, ovvero il Chiostro del Complesso di Santa Cristina, l’11 (h.21.30) viene proposto il consigliatissimo Joyce Carol Oates: A Body in the Service of Mind. Siamo di parte, ma sia che conosciate sia che non abbiate mai sfiorato una pagina (e avete fatto male) di questa narratrice, l’occasione è ghiotta. La Oates, una della voci più importanti e complesse della letteratura nordamericana, si mette a nudo intavolando un lungo racconto, catturato dalla regia di Stig Björkman. In esso infanzia, anni universitari ed eventi storici importanti per la scrittrice si mescolano in un tutto unico che è il suo campo di formazione, quello che ha dato forma e carattere alla sua narrativa.

Sempre alle h. 21.30, ma il 12 giugno, è la volta di Loving Highsmith. Diretto da Eva Vitija si basa sui diari di Patricia Highsmith, grandissima scrittrice che registi come Hitchcock e Wenders hanno portato sul grande schermo. Nel suo entrare fra le pieghe intime di questa autrice oggi forse un po’ dimenticata, il film mette sotto i riflettori cosa è stata la sua vita privata, segnata da travagliate relazioni sentimentali e da una instancabile ricerca identitaria.

Se volete continuare a seguire le fascinose biografie degli scrittori, allora prima di arrivare a Loving Highsmith, andate a vedere (stesso giorno, ma al Lumiére, h. 18.30) A noi rimane il mondo. Wu Ming And the Art of Radical Resistance, di Armin Ferrari. In 78 minuti il film esplora le ramificazioni culturali di Wu Ming, il collettivo letterario militante più famoso e resistente dell’Italia contemporanea. A parlarne saranno inoltre presenti il regista, il produttore Roberto Cavallini, il collettivo stesso e alcuni membri dei collettivi Resistenza in Cirenaica e Alpinismo Molotov.

Sabato 18 (Chiostro, h. 21:30) è la volta di un altro grande scrittore. È la volta della regista Sabine Lidl, che mette Paul Auster al centro di questo suo lavoro. In Paul Auster. What If abbiamo la possibilità di vedere la vivacità di questo narratore, oggi settantacinquenne, nel continuare a immaginare gli Stati Uniti sotto un governo autenticamente democratico. Quella che ne vien fuori, è una dichiarazione politica, fra poesia e speranza futura, che colpisce per la sua lucidità.

Ci fermiamo qui, anche molti altri titoli sarebbero da segnalare. Come il partecipato All the streets are silent di Jeremy Elkin, che rievoca la magia degli anni in cui, per le strade di Manhattan, vengono a contatto le subculture dello skateboarding e dell’hip hop. Oppure il filosofico Everything will be Ok di Rithy Panh, in cui il regista si chiede cosa accadrebbe se gli animali prendessero il potere. Si comporterebbero come gli esseri umani?  Avrebbero la stessa fame di potere e la stessa crudeltà?

Sono entrambi in programmazione il 19 giugno a partire dalle 14.30 al cinema Jolly. 

Per tutto il resto della programmazione, potete trovare qui il programma completo. Buona visione fra le vite degli altri.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here