Interstellar, recensione del nuovo film di Nolan

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Fra ricordi, spettacolarità e suggestioni, la fantascienza ritorna grande

 

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Cosa: recensione di Interstellar, Christopher Nolan 2014
Cast: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine
Dove: in molti cinema dal 6 novembre

di Giuseppe Marino

Prima scomoda verità: McConaughey quando fa l’intenso diventa Turturro. Seconda scomoda verità: Interstellar è un bel film. Terza scomoda verità: se l’interesse principale è la plausibilità scientifica conviene guardare video di esperimenti di fisica.

Fra ricordi, spettacolarità e suggestioni, la fantascienza ritorna grande

 

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IN BREVE Cosa: recensione di Interstellar, Christopher Nolan 2014 Cast: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine Dove: in molti cinema dal 6 novembre

 

di Giuseppe Marino

 

Prima scomoda verità: McConaughey quando fa l’intenso diventa Turturro. Seconda scomoda verità: Interstellar è sorprendentemente un bel film. Terza scomoda verità: se l’interesse principale è la plausibilità scientifica conviene guardare video di esperimenti di fisica.

Non sono un fan di Christopher Nolan, ma bisogna ammettere che è difficile non seguire la sua produzione, composta da tentativi, più o meno riusciti, di introdurre nel mainstream immagini e contenuti più complessi, veicolando un’idea di cinema; un’aspirazione oggi rara, che contribuisce a rendere ogni sua nuova uscita un evento. Interstellar è una grossa produzione sci-fi finalmente lontana dalla ricerca chiassosa di sterile intrattenimento digitale, e la differenza si trova già nella grana del film, girato su gloriosa pellicola 35mm. Lo sguardo al passato non si ferma qui, infatti nelle rappresentazioni alternate di una Terra alle prese con l’apocalisse e del viaggio spaziale intrapreso per provare quantomeno ad aggirarla, si fondono riferimenti alla fantascienza classica, al Tarkovskij di Solaris (da cui in parte mutua i tempi e i modi della narrazione, oltre al mare alieno), a 2001 Odissea nello Spazio (si ritrova in varie occasioni, non ultima la rappresentazione di un luogo familiare, l’interno di una stanza “umana”, come approdo di un corridoio stellare) e a molto altro.

Il rischio è quello di essere tentati a ricondurre molte scene e altrettante idee a qualcosa di preesistente, ma in generale i modelli sono così alti che vederli rielaborati in un’opera attuale, così densa e visivamente potente, è una cosa che dà gioia. In Interstellar, che è tanti film in uno, coabitano la spettacolarità del genere con le sue declinazioni più “umaniste”: col valido supporto di un cast di tutto rispetto – Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine – si lascia molto spazio alla parola, che delinea l’animo e le relazioni fra i personaggi, costruendo un’intensità emozionale forse inedita per il cinema di Nolan, solitamente più concentrato sul meccanismo e la speculazione distaccata. 

Se Memento e Insomnia sono due film sull’autoinganno, Interstellar crea con Inception un’ideale coppia di titoli dedicati al tempo e alla sua rappresentazione. Dare spazio ed enfasi ai legami e ai sentimenti è qui il modo per rendere consistente, per lo spettatore, la vertigine temporale, identificandola con una barriera che si frappone fra quei legami in maniera dolorosa e ineluttabile. Non c’è modo migliore per comunicare la concretezza del tempo che legarlo al distacco e la mancanza. Interstellar offre anche una visualizzazione concreta di un segmento temporale, riportandolo nella concatenazione ripetuta di un singolo spazio, in un’invenzione – vicina a un’immagine evocata dal libro di Vonnegut Mattatoio n. 5 – di notevole forza e suggestione.

Ancora, nel film si ritrovano l’esplorazione di mondi vicina all’avventura (e al design) di opere anni ’50 e ‘60, delle squadratissime unità robotiche che sembrano nascere in opposizione agli altrettanto improbabili e inquietanti palloni “Rover” de Il Prigioniero, le musiche di Hans Zimmer che riportano echi dell’organo del Nautilus, teorie scientifiche a cui chi fosse interessato può industriarsi a fare le pulci. Si può chiedere qualcosa di meno, difficilmente qualcosa di più.

(voto: 4,5 su 5)

15 novembre 2014

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