Se sulla Porrettana, o a teatro, un Controllore…

Gli Omini raccontano il loro spettacolo Il Controllore, al Moline fino al 21 ottobre

omini controllore intervista

IN BREVE  Chi: Gli Omini Cosa: spettacolo “Il Controllore”  Quando: 14-21 ottobre 2017  Dove: Teatro delle Moline, via delle Moline 1 – Bologna Info: arenadelsole.it

In scena nel cartellone dell’Arena del Sole al Teatro delle Moline, dal 14 al 21 ottobre, vi raccontiamo oggi il progetto artistico e culturale degli Omini, a seguito della chiacchierata che abbiamo fatto con loro nei giorni precedenti

Gli Omini: presentatevi al pubblico che non vi conosce e raccontate in breve il motivo per cui avete scelto questo nome per la vostra attività culturale?

Gli Omini sono nati dieci anni fa da un gruppo di tre uomini. Ora sono due uomini e due donne. Ma l’omino non è maschile o femminile. Omino è un sostantivo neutro. E sta a indicare una persona qualsiasi che emerge dalla folla non per qualità superiori o diverse da essa, ma per il solo motivo di essere stato visto, riconosciuto, catturato. Siamo tutti soli, siamo tutti diversi, siamo tutti omini. Così dicevamo dieci anni fa e così diciamo ancora, dato che il principio o il metodo su cui si basa il nostro teatro è rimasto fondamentalmente lo stesso: ascoltare la vita degli altri, prendere le parole della realtà, le brutture del linguaggio e dell’arrangiarsi quotidiano per scrivere spettacoli che siano uno specchio del reale, deformato dalla nostra lente rotta.

Il Controllore è lo spettacolo che portate sul palcosenico al Teatro delle Moline: cosa dobbiamo aspettarci?

Niente. Venite senza aspettative. Senza aspettative si gode di più. Sappiate solo che tutti i frammenti di storie di vita dei personaggi, i personaggi stessi, le loro parole, e le situazioni in cui si ritrovano senza capirne il motivo, sono tratte dalla realtà. Siamo stati un mese sulla tratta ferroviaria della Porrettana che conduce da Porretta Terme a Bologna e abbiamo intervistato i passeggeri del treno, i controllori, la gente in attesa alla stazione e nei bar. Le nostre chiacchierate sono state registrate, scritte, selezionate. Da quelle e dal nostro sbigottimento nell’ascolto, è nato Il Controllore. Terzo spettacolo della nostra trilogia dei treni del Progetto T, partito dalla Stazione di Pistoia con Ci scusiamo per il disagio, proseguito fino a Porretta con La corsa speciale e arrivato quest’anno al capolinea. Solo ora ci siamo accorti di quanto sia simile il nostro lavoro a quello dei controllori: “Signora anch’io sono preoccupato. Lo sa che ogni quattro ore di media qui succede almeno una disgrazia che tento di riparare?”

Memoria del Tempo Presente, siamo davvero il mondo dell’eterno presente e la società senza memoria?

Sì, credo che si possa dire così. Spesso non abbiamo memoria neppure di noi stessi. E cadiamo continuamente in contraddizione o in vortici di errori ripetuti senza farsi domande. La confusione all’interno del singolo individuo appare sempre più lampante, cosicché parlare di società ci sembra già un azzardo forte. Detto questo, nel nome del nostro progetto non c’era solo questa valenza di condanna, ma anzi la spinta verso l’utopia di poter fermare quegli attimi di presente che non sono destinati alla memoria. Immagazzinare una miriade d’informazioni umane del momento, per farne una fotografia scegliendo con cura, a volte invece per caso, il punto di vista da cui scattarla.

Il vostro teatro ha una forte vocazione antropologica: quali sono i vostri modelli e i vostri riferimenti?

La vocazione antropologica del nostro teatro è una cosa di cui abbiamo assunto la consapevolezza con il passare del tempo e con l’aiuto degli altri, soprattutto del pubblico. E’ sorta spontaneamente, dalla natura degli “omini” e dalla voglia di fare un teatro che non fosse isolato dal mondo, ma che emergesse da questo. I riferimenti poi, anche quelli li abbiamo capiti a posteriori. C’è in noi lo stesso attaccamento alla realtà e al tragicomico della Commedia all’Italiana, c’è la voglia e il terrore di immergersi tra la gente di Pasolini nei Comizi d’Amore  o di Silvano Agosti in D’amore si vive. C’è l’amore e c’è anche la propensione all’inversomile di Herzog.

Progetto T. Il treno è da sempre un microcosmo narrativo fantastico: come si fa ad essere originali all’interno di uno spazio già così sviscerato?

Se c’è una cosa che continua a cambiare all’interno del treno è proprio l’umanità che ci gravita dentro e noi ci siamo concentrati su quella. Abbiamo messo da parte le metafore precostituite, è stato abbastanza facile vivendo un mese al suo interno. I rumori, gli odori e gli umori l’hanno reso oggetto concreto più che fantastico microcosmo. Speriamo quindi di esserci discostati da quella solita visione.

Come sta il mondo del teatro dall’alto della vostra prospettiva?

La nostra prospettiva non è alta, è bassissima. E nel mondo del teatro ci sembra di esserci sempre dentro con un piede solo. Per quanto siamo grati di esistere, e questo lo dobbiamo al nostro sforzo ma anche a quello di chi sta credendo nel nostro lavoro, come l’Associazione Teatrale Pistoiese e l’Ert, ci pare di stare (con un piede) dentro a un mondo che, esattamente come il tempo presente, ha perso motivazioni e la voglia di farsi domande. Un mondo un po’ assopito, pieno di paure dell’imminente e quindi titubante. Ci sentiamo di citare uno dei nostri passeggeri, quello che non trova le parole, per quanto sforzo possa fare: “Vivere di persona è bello. Non mi piace non esistere”.

18 ottobre 2017

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