Dal Biografilm, le vite degli altri e Maurizio Sarri

Per chi si è perso il Biografilm Festival, ecco dove trovare le repliche... mentre Francesco Inglese ci parla del suo documentario su Maurizio Sarri pre Juventus

IN BREVE Cosa Biografilm Festival-Repliche Dove Cinema Antoniano Quando 20-23 giugno 2019
CHI Francesco Inglese COSA intervista al regista di “Maurizio. Il sarrismo: una meravigliosa anomalia”

Finito lo scorso fine settimana il BIOGRAFILM 2019, iniziano oggi le repliche di alcuni dei migliori film passati durante questa edizione nella sala del Cinema Antoniano.

Edizione che ha visto il consolidamento delle presenze in sala, in parallelo con l’esplosione dei frequentatori del Biografilm Park: oltre 20mila spettatori versus 120mila frequentatori. E se parliamo di numeri, non bisogna dimenticare come stiano prendendo piede le visioni a distanza, possibili grazie alle dirette di Facebook e Instagram (con una partecipazione di oltre 70mila persone) e alle Stories proposte dal Festival (quasi 300mila visualizzazioni)

Un risultato oltremodo lusinghiero, se si pensa che la partenza del Festival ha trovato anche quest’anno frenata la parallela presenza in città de La Repubblica delle idee.

Comunque sia, se siete interessati alla “vita degli altri” e ai “racconti di vita”, da oggi a lunedì prossimo avete ancora la possibilità di immergervi nella manciata di proiezioni, molto centrate, però, su alcuni titoli spostati più sul versante della fiction. Per cui si avrà la possibilità di vedere un paio di ottimi titoli francesi quali Celle que vous croyez e Chi l’ha scritto? Il mistero Henri Pick e il bellissimo Monos su un gruppo di ragazzi-militari nelle foreste della Colombia, con chiaro riferimento a Il signore delle mosche, ma in chiave decisamente più crudele. E poi spazio al potente documentario su Christo, Walking on water, e a Ottanta! Riflessioni di Romano Prodi, di estrema contemporaneità. Per ultimo, ma non per ultimo, il Werner Herzog, maestro oramai anche di vita e pensiero, non solo di immaginario cinematografico, che con il suo piccolo Family romance, LLC ci obbliga a riflettere sulla essenza di maschera che è diventata la nostra vita qui e ora. Per orari e programmazione, ecco il link.

Mentre per le tre serate gratuite alle 21.30 in Piazza Giorgio Amendola a Castel Maggiore per il Biografilm district, il 20, 24 e 26 giugno si cambia tono. L’appuntamento è infatti con tre “nuovi classici brillanti” quali Quasi nemici di Yvan Attal, Ancora un giorno di Raúl de la Fuente e Damian Nenow e Il gioco delle coppie di Olivier Assayas. In caso di pioggia, gli spettacoli si terranno in Sala Pier Paolo Pasolini, Piazza Amendola 1.

SARRI MEGLIO DI MARADONA?

C’è però un film che avrebbe dovuto girare ancora e per ragioni di organizzazione non è presente nelle repliche. Parlo del documentario biografico/sportivo con cui Francesco Inglese ha debuttato sugli schermi del Biografilm Festival 2019, cioè Maurizio. Il sarrismo: una meravigliosa anomalia.

In confronto all’osannato Diego Maradona di Asif Kapadia, che nulla di nuovo aggiunge alla figura del campione argentino se non sul piano del footage (e che footage!), Inglese riesce a restituire intera la filosofia del fu allenatore del Napoli calcio e ora della Juventus. E lo fa senza toni urlati, con affetto divertito e curiosità (e la giusta dose di ammirazione sportiva).

Un progetto, quello di Maurizio, chiuso in corsa, appena in tempo per poterlo mostrare in sala. Noi, che tifosi non siamo, lo abbiamo visto e ci siamo appassionati. Perché il documentario racconta una filosofia, quella della Bellezza, del gioco prima del risultato, che Sarri ha lasciato al Napoli e ai napoletani nei suoi tre anni di presenza. Prodotto da Santi Bailor Film & Meleagris Films, con la voce narrante dell’attore Massimiliano Gallo e interviste a Anastasio, Edoardo Bennato, Luigi De Magistris, Maurizio De Giovanni, Federico Buffa, Paolo Condò, Lele Adani, Francesco Pinto, Andriy Shevchenko, Gianfranco Zola e altri ancora, il film racconta di Sarri in assenza, evitando di intercettarlo direttamente, ma usando esclusivamente immagini di repertorio, se si esclude l’omaggio in coda.

C’era questa esigenza di raccontare più che Sarri la sua filosofia, il sarrismo” dice Inglese. “Insieme a Santibailor ho deciso di portarla sullo schermo perché è un pensiero che va oltre il calcio. Soprattutto, è una idea che si è fatta parola. E una parola quando entra in una lingua acquisisce potere, al di là e a prescindere del motivo per cui è stata coniata”.

Quindi il sarrismo continua a esistere oltre Sarri?

Per me sì, nonostante tutto. Pensa che, di fatto, non è mai esistito il maradonismo. Nel film viene spiegato il perché.

Cosa ti ha mosso realmente a interessarti di Sarri?

Sarri è un rivoluzionario. Questo era quanto volevo mostrare con il mio documentario.

Cioè?

Il rivoluzionario non rispetta le logiche del mercato, quindi dare fiducia a lui è stato una dimostrazione importantissima di fiducia da parte del Napoli calcio. Poi il come si siano lasciati non entra nel documentario, proprio perché sono dettagli che non intaccano quello che ha lasciato a Napoli.

Hai voluto raccontare Sarri attraverso altri “rivoluzionari” napoletani, tutti portavoce del sarrismo. Con il passaggio alla Juventus, quanto forte è il sarrismo nella città di Napoli?

Secondo me, Sarri e Napoli si somigliano tantissimo e si somiglieranno per sempre.

Sarri è un professionista che ha assaporato il gusto della vittoria tardi, a sess’antanni, e che può fare quel che ritiene più opportuno. Ugualmente perché compiere un gesto che può apparire come un tradimento?

Non si tratta di tradimento. Non sono un tifoso tradizionale, io sono affezionato a Sarri come icona. Poi lui vuol tornare in Italia per portare la bellezza dove la bellezza manca da tempo.

Quindi in casa juventina.

Sì, e non me ne vogliano i tifosi juventini.

Dal documentario si capisce come Maradona resti una ferita aperta per i napoletani. È un documentario su Sarri e il sarrismo, però Maradona viene sempre nominato. I tifosi si sono sentiti traditi dal campione argentino. Ora, si può ripetere lo stesso dramma con Sarri? Può cioè tramutarsi in una ferita la sua “filosofia della bellezza”?

La differenza sta nel poter paragonare Maradona a un mito. Lo è stato e lo è ancora oggi. Anche perché il Napoli dopo le vittorie con Maradona, non ha più vinto. Quindi quel mito è diventato nostalgia e la nostalgia è un’arma potentissima. Sarri invece è stato iconizzato, e sotto certi aspetti anche lui è diventato un mito. La differenza la trovi nel fatto che quella di Sarri è una ferita completamente aperta. Non ha avuto il tempo di rimarginarsi. Quindi è una ferita aperta a prescindere del suo allenare la Juve.

Sarri è però antitetico a Maradona. Ha portato dentro la squadra l’idea del gruppo che vince, non del singolo che si fa campione sostenuto dal gruppo.

Il collettivo che supera l’individuo.

Ma nel tuo lavoro sembra uscir sempre fuori l’idea del Napoli che non apprende, nemmeno dall’insegnamento di Sarri. Quindi sì la bellezza, ma l’idea del collettivo si sfarina perché chi lo ha creato va via.

Sì, però in campo ci vanno i giocatori e il collettivo ha prevalso sempre in quegli anni. Perché la forza di Sarri è stata nell’aver inculcato nella mente dei giocatori la filosofia di godersi il momento e di non giocare pensando al risultato finale, anche se, certo, lui vuole vincere: fa l’allenatore e ha quello come obiettivo primario. Però ha insegnato ai giocatori come godersi il momento. Cosa che non tutti fanno. Sarri diceva andiamo avanti e godiamoci il momento. È importante questo non essere puntati solo al risultato.

Hai usato vari inserti cinematografici. Uno è pescato da L’attimo fuggente di Peter Weir e mi ha fatto pensare non solo a “Oh mio capitano”, non solo a “Un capitano, un solo capitano”, ma a chi oggi viene insignito di quel titolo, a livello politico, con risvolti pericolosi. Ho visto da quel momento le immagini che scorrevano, le frasi degli intervistati, come dichiarazioni indirizzate a un uomo politico, per il suo operato. Come se politica e calcio si sovrapponessero nei ruoli, inconsciamente.

Purtroppo il calcio, come dice Maurizio De Giovanni, pur essendo materia effimera è lo specchio sociale di quello che siamo. Sarri non è un personaggio politico, ma la sua filosofia può diventare pensiero politico. È un aspetto che ho voluto mettere in scena, approfondendolo grazie alla descrizione che ne dà Massimo Iovine, militante politico dentro e fuori i 99 Posse. Chi meglio di lui sa cosa vuol dire fare politica anche senza mai essere candidato? Sarri ha fatto politica nel mondo del calcio. Ha dato l’idea di un partito che non si era mai visto. Di un qualcosa che ha conquistato la maggioranza, sia fra opinionisti, sia fra giornalisti, pubblico, spettatori, colleghi. Ha preso la maggioranza, quindi per me, per quel che voglio raccontare con il mio progetto, è arrivato a conquistare il Palazzo, è arrivato a governare.

Anche se come affermano alcuni intervistati Sarri è arrivato a un passo, dal Palazzo, non lo ha conquistato.

Vero, non si è vinto lo scudetto, quindi la presa del Palazzo non c’è realmente stata. Ma quanto ha lasciato Sarri va ben oltre il risultato, va ben oltre il Palazzo. Lui ha portato l’Amore al Palazzo, cioè lì dove non c’era mai stato.

Mi sembra che, come per Maradona, non vi sia la possibilità di replicare quanto ha dato.

È irreplicabile.

Però quando uno insegna una regola, si dovrebbe poterla replicare, se la si comprende.

Andrebbe bene se fosse una regola. Però quello di Sarri è un metodo. Può essere applicato, ma non è detto che funzioni sempre. Ci sono fattori esterni che determinano la fattibilità del metodo. Nel mio documentario ho utilizzato un metodo, poi il risultato finale viene intaccato da alcuni fattori che il metodo non può prevedere. Questo porta me a dire che il mio lavoro poteva uscire anche in un altro modo. Per Sarri, vuol dire che poteva vincere lo scudetto, ma non gli è riuscito. Lui comunque resta coerente con se stesso: ha applicato il suo metodo.

Hai deciso di proporre un Sarri che è nel documentario praticamente senza profferire parola. Hai lasciato agli altri il compito di raccontare l’uomo e il suo metodo, la sua filosofia.

Sì, solo sul finale lui concede un saluto e un piccolo sketch. Lo abbiamo catturato quando siamo andati a trovarlo sul campo di allenamento del Chelsea. Invita ad andare a fumare nel suo ufficio, cioè l’unica area franca contro il divieto che esisteva nel centro sportivo. Comunque non compare nel video perché il mio intento è di mitizzare Sarri. Voglio dire che la sua presenza si manifesta grazie alla sua totale assenza.

Invece hai fumettizzato le immagini di repertorio.

“È una scelta stilistica. Volevo dare una impronta onirica e stilizzata alla materia che stavo maneggiando. Anche il ricordo è stilizzato, a mio parere: un po’ si perde pur nella sua permanenza. Non nego che sia stata anche una questione di organizzazione produttiva.

Hai faticato non poco…

Se pensi che abbiamo iniziato a ottobre e ho fatto i salti mortali per averlo qui, a giugno, al Biografilm festival, quindi un lavoro chiuso in meno di un anno, sì, certo.

La sfida per me è stata una sfida bellissima. Spero di aver restituito anche con quelle immagini stilizzate il senso di quanto volevo raccontare.