Azzurrina: la diversità cantata nella fiaba

Due autrici emiliane, Angela Nanetti e Octavia Monaco, tornano a proporre una fiaba sulla fiducia in sé stessi alternando ballata, racconto e illustrazioni

Cosa: “Azzurrina”, libro illustrato di Angela Nanetti e Octavia Monaco Chi: intervista ad Angela Nanetti Editore: Gallucci

Una fiaba. Ma costruita sul doppio registro della ballata e del racconto. Scritta da Angela Nanetti e illustrata da Octavia Monaco Azzurrina è una favola che sembra rifarsi a una famosa leggenda radicata nel territorio romagnolo. Lì Azzurrina è la figlia del capitano delle guardie nel castello di Montebello, che si perde nelle segrete. In queste pagine, che sono state pubblicate per la prima volta nel 2004 e oggi vengono riproposte da Gallucci editore, la storia si incentra sul rapporto complicato figlia-padre e sull’uso salvifico (e taumaturgico) che il canto può avere sulle persone. Ma anche sulla diversità vista come pericolo, visto che Azzurrina è una ragazza che nasce “albina”, bianca nella pelle come nei capelli. Parlare con Angela Nanetti, autrice per ragazzi nata a Cento, sarebbe stato uno degli appuntamenti fissati per la Children Books Fair di quest’anno, saltata come tantissimi altri eventi a causa della pandemia che ha colpito il mondo intero. Lo avremmo fatto direttamente, mentre ora lo facciamo invece via web, chiedendole appunto cosa l’abbia suggestionata veramente per portarla a scrivere la sua versione di Azzurrina. «A colpirmi è stato il trafiletto apparso su un settimanale, dove si raccontava la storia di una bambina a cui la madre tingeva i capelli per nascondere la sua condizione di albina, così da difenderla dal pregiudizio e dalla superstizione altrui» ci dice. «Ecco, mi ha colpita il pensiero di quella identità negata, il pensiero delle tante identità conculcate e violate, quando non cancellate, per essere adeguate a degli stereotipi. Credo che in tal senso la storia di Azzurrina sia di grandissima attualità».

È un po’ questo che l’ha spinta ad accettare di ripubblicarla, lasciando inalterata la struttura del racconto e le illustrazioni di Octavia Monaco?

Ho sempre pensato che Azzurrina fosse una storia bella e senza tempo, e meritasse di essere ripubblicata. Anche perché è sempre piaciuta a bambini e grandi.

Come ha lavorato con Monaco per arrivare al risultato finale? Soprattutto, dove avete trovato il punto di intesa che salda testo a illustrazione e viceversa?

All’epoca non conoscevo Octavia, di cui in seguito sono diventata amica ed estimatrice, quindi lei ha lavorato in assoluta libertà. Personalmente ritengo che compito della illustrazione sia quello di offrire un’altra possibile lettura e che, pertanto, non debba essere sussidiaria in alcun modo del testo. Octavia ha prodotto una illustrazione non solo raffinata ma piena di rimandi diretti e indiretti alla storia, pur mantenendo il suo inconfondibile tratto. È stata un’altra autrice della storia.

È una fiaba dalla struttura inusuale, visto che alterna la forma poetica della ballata a quella del racconto. Come mai ha usato questo “doppio registro”?

La storia è nata così come la legge. La forma poetica della ballata mi è servita per alleggerire e ingentilire una vicenda cupa e, nel contempo, per richiamare il luogo e i personaggi della storia, che si colloca nel Medioevo, l’età dei castelli e delle castellane. Inoltre mi ha permesso di offrire ai lettori un doppio registro, con la possibilità di mettere a confronto le caratteristiche delle due forme.

Lei mette anche in contrapposizione colori, suoni con rapporti umani. Azzurrina e suo padre, il principe Funesto: colori chiari contro colori scuri; un canto sempre propositivo lei, una sordità emotiva lui. È un richiamo al rapporto che spesso si instaura fra adultità e adolescenza?

Non saprei dirle. Per quanto mi riguarda, sono partita da un colore, il bianco, che è sia un non colore sia la somma di tutti i colori, per raccontare la diversità e il suo rifiuto. Mi occorreva quindi un colore che si opponesse al bianco in modo radicale, da qui il nero. In questo testo ho fatto un uso importante di metafore e i colori rientrano in esso.

Quindi Azzurrina è una storia che racconta la diversità e la necessità del “diverso ma non tanto” da noi, così da comprendere l’importanza della pace, del buon rapporto con gli altri?

Spero che sia così. Ma racconta anche la fatica dell’accettazione, e il dolore e la malattia che procurano la chiusura verso l’altro e verso il mondo. Dal dolore si guarisce solo comunicandolo.

Nel testo ho trovato un ribaltamento del rapporto figlia-padre. Nelle pagine di Azzurrina è il padre a essere “educato” dalla figlia, non viceversa.

Vero, c’è un rovesciamento dei ruoli. Azzurrina insegna al padre la via della cura e diventa sua maestra di vita e di sguardo sul mondo. In effetti la fiaba sembra contenere un messaggio sempre più attuale, se guardiamo al movimento di Greta e alle rivolte di questi ultimi due anni in alcuni Paesi, anche se mi pare che dai giovani partano più proteste e richieste agli adulti che proposte. Ma è comprensibile che sia così, mancando ancora di esperienza e soprattutto di potere. Inoltre in Azzurrina mi interessava offrire ai lettori una prospettiva diversa dal “vissero felici e contenti” con cui si concludono le fiabe tradizionali, una prospettiva di superamento della prova e di soluzione non più magiche e fantastiche. Come viene superata da Azzurrina la prova? Grazie alle sue risorse di creatività, di libertà interiore e di generosità, cioè gli strumenti con i quali cura il dolore del padre portandolo alla guarigione.

Oltre al rapporto figlia-padre Azzurrina mi pare racconti l’uso salvifico e taumaturgico del canto (il dolore del padre viene risanato dal canto della figlia). Metafora dell’uso della voce come mezzo per comunicare, quindi alla base della parola e del racconto.

Il canto, prima della parola, è lingua di comunicazione universale. La parola è divisiva perché presuppone la conoscenza di un codice di significati che può variare, ma nel canto utilizziamo tutti lo stesso strumento, la voce. E solo quella.

L’uso della voce come canto allora. Azzurrina canta, felice, pur nella più assoluta costrizione. E la sua canzone è oltretutto “marzolina”, indica cioè lo stacco fra inverno e primavera, fra quiescenza e rinascita. Un elemento che potremmo leggere anche come simbolo dell’ostinazione propositiva che hanno i ragazzi?

È vero, la canzone “marzolina” si colloca nel momento del passaggio tra due stagioni, che possono anche essere quelle della vita, ed è una canzone, come indica l’aggettivo, di sboccio e di fioritura. Io la pensavo legata alla vita che viene avanti e si apre, che dispiega le sue possibilità, che può vincere le prigioni reali e simboliche e gli ambienti più ostili. “Ostinazione propositiva”? Benissimo! In fondo, per attraversare il nostro Mediterraneo o le nostre frontiere blindate ci vuole non solo la disperazione, ma una gran dose di fede nella vita e di ostinazione. Veda un po’ dove può condurre una fiaba!