Recensione dell’ultimo spettacolo di Travaglio

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“E’ Stato la Mafia mantiene le promesse lanciate da un titolo così intelligentemente ambiguo e pregnante”

  

Travaglio-recensione list01Chi: Marco Travaglio
Cosa: recensione dello spettacolo “E’ stato la mafia”
Dove: in tour italiano dopo la prima bolognese
Photo credit: Roberto Ricciuti

Vota Calamandrei, Gaber, Flaiano, Pasolini e Pertini: nel confronto tra il degrado degli impresentabili e la grande statura morale dei pilastri della dignità sociale italiana la provocazione dell’ultimo spettacolo di Marco Travaglio si nutre di grandi citazioni, come se per respirare aria buona si possa solo guardare all’indietro. La libertà è come l’aria: si vive nell’aria…

“E’ Stato la Mafia mantiene le promesse lanciate da un titolo così intelligentemente ambiguo e pregnante” 

 

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IN BREVE Chi: Marco Travaglio  Cosa: recensione dello spettacolo “E’ stato la mafia”  Dove: in tour italiano dopo la prima bolognese Photo credit: Roberto Ricciuti

 

di Cristian Tracà

 

Vota Calamandrei, Gaber, Flaiano, Pasolini e Pertini: nel confronto tra il degrado degli impresentabili e la grande statura morale dei pilastri della dignità sociale italiana la provocazione dell’ultimo spettacolo di Marco Travaglio si nutre di grandi citazioni, come se per respirare aria buona si possa solo guardare all’indietro. La libertà è come l’aria: si vive nell’aria; se l’aria è viziata, si soffre; se l’aria è insufficiente, si soffoca; se l’aria manca si muore.

Riletti da Isabella Ferrari a distanza di anni i discorsi lungimiranti di questi italiani con la I maiuscola risuonano di drammatica autenticità e risvegliano il senso di alto decoro e di guida morale dello Stato e della Costituzione, tartassati da un attacco costante e continuo, manipolati e maltrattati non da ultimo con lo tsunami che sta incrociando le indagini sulle trattative per fermare le stragi del ’93. E’ Stato la Mafia mantiene le ottime promesse lanciate da un titolo così intelligentemente ambiguo e pregnante.

Le prime battute, a dire il vero, sembrano un po’ di maniera e fanno da collage ai moniti lanciati a Servizio Pubblico. Per fortunal’effetto deja vu è solo lungo il prologo, giusto per non dimenticare cosa può determinare il voto tra tre settimane. Appena entra nel vivo la trama della contrapposizione ieri – oggi, valore – disvalore, trasparenza – opacità, lungimiranza- miopia il risultato è stupefacente. Il giornalista de Il Fatto quotidiano ha la incredibile capacità di tenere incollati alle poltrone gli spettatori, per quasi tre ore, con un racconto, passo dopo passo, dell’intricata connessione tra uomini dello Stato ed esponenti di Cosa Nostra. La ricostruzione sembra perfetta e il mosaico non perde pezzi. La sensazione è di terribile inquietudine: ne esce a pezzi la credibilità di una nazione, anni e anni di dichiarazioni e impegno antimafia, di parate celebrative.

L’idea che il papello del ricatto (Travaglio immagina Totò Rina che man mano cancella dalla lista dei desiderata gli sconti ottenuti) inquieta tutti: le ombre si allungano un po’ su tutto l’arco dei partiti e su figure di insospettabili e ti viene da chiederti come si poteva evitare questo gioco di compromesso e come tutto ciò possa essere tollerato. Il giornalista – narratore mette un punto fermo e vieta l’utilizzo dell’aggettivo presunto. Carte alla mano la penna de Il Fatto concatena, con nessi di causa – effetto almeno all’apparenza rigorosi, una fittissima rete di personaggi e di fatti più volte presenti in snodi fondamentali della storia più recente di questo Paese.

Se la ricostruzione travagliana di questo incrocio tra la macrostoria del Belpaese e l’avventura di Silvio Berlusconi è ben nota agli abituali lettori e ascoltatori, è l’occasione per avere un quadro più chiaro sulle nuove intersezioni che hanno portato alla questione Quirinale, alla forte emersione di Ingroia, alla delicatezza della prossima legislatura, con la speranza che non si allunghi la lista delle azioni che puzzano ancora di punto di equilibrio per tenere a bada forze malavitose troppo potenti per essere ignorate. 

05 febbraio 2013

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