L’intervista anticipa l’incontro al TedxBologna di sabato 24 ottobre
Cosa: Intervista a Fabio Zaffagnini
Dove: TedxBologna, Unipol Arena
Quando: sabato 24 ottobre 2015, ore 11:47
di Francesca Bartoli
Se ci fosse un premio come personaggio dell’anno probabilmente questo andrebbe a Fabio Zaffagnini, il creatore di Rockin’1000, a cui si deve il merito non solo di aver riunito 1000 musicisti in un evento straordinario…
L’intervista anticipa l’incontro al TedxBologna di sabato 24 ottobre
IN BREVE Cosa: Intervista a Fabio Zaffagnini Dove: TedxBologna, Unipol Arena Quando: sabato 24 ottobre 2015, ore 11:47 Foto: Andrea Bardi
di Francesca Bartoli
Se ci fosse un premio come personaggio dell’anno probabilmente questo andrebbe a Fabio Zaffagnini, il creatore di Rockin’1000, a cui si deve il merito non solo di aver riunito 1000 musicisti in un evento straordinario, cioè l’interpretazione all’unisono del brano “Learn to fly” dei Foo Fighters, ma anche di aver formato un team persone determinate e capaci che gli desse vita. Fabio non è ragazzo che si sveglia la mattina e crea, è uno cresciuto coltivando idee e progetti per farli diventare reali. La creatività non è ispirazione, ma realizzazione. Le idee ce le hanno in tanti. Solo pochi, però, rendono concreto quello che immaginano. Lui l’ha fatto prima con Trail me up, in cui insieme ad altri 4 ragazzi ha dato vita allo “street view dei sentieri” e poi con il progetto di Rockin’1000.
Bologna Cult aveva segnalato quest’estate l’evento di Cesena, diventato un successo planetario, e in occasione della sua partecipazione al TedxBo in programma sabato 24 ottobre alle ore 11.47 all’Unipol Arena non potevamo non cogliere l’occasione per un’intervista. Eccola.
In questa edizione del TedxBologna il tuo incontro ha come tema “Si pianifica la viralità”. La viralità è stata un elemento importante del successo del Rockin’1000, sia prima per diffondere l’idea che soprattutto dopo. Esistono, secondo te, dei segreti perché un contenuto diventi virale?
Io credo che non ci siano regole per creare eventi virali, ci possono essere delle buone pratiche che però non garantiscono il successo e la viralità. Dal mio punto di vista perché un contenuto diventi virale è necessario che si inneschino determinati meccanismi che vanno al di là della pianificazione e che molto spesso non vengono programmati in maniera consapevole. Questo è quello che ho notato guardando come sono diventati virarli alcuni video su Youtube. Molto spesso diventano popolari fenomeni assolutamente fortuiti o divertenti come alcuni epic fail (per non parlare dei video di gattini e cagnolini che sono un mondo a parte). Credo che la viralità inseguita in un progetto sia veramente difficile da raggiungere. Da quello che ho notato pochissimi progetti che sono stati attentamente pianificati e costruiti a tavolino sono poi diventati effettivamente virali. Il motivo per cui lo sono diventati sta sicuramente nella bravura di chi li a realizzati, nell’idea di base, dall’originalità però non diventa virale un video se non riesce ad innescare qualcosa nella pancia, nel cuore, nella testa delle persone.
Secondo te la viralità del video di Rockin’1000 da cosa è stata determinata?
L’idea di base era sicuramente qualcosa di innovativo, di originale, che è una condizione necessaria probabilmente ma non l’unica, per riuscire a raggiungere la viralità. Uno degli elementi forti sul caso di Rockin’1000 è stato dato dal fatto che tutti coloro che hanno partecipato, sia livello organizzativo che a livello musicale, e gli stessi spettatori hanno provato delle emozioni forti, reali e oneste e questa è una cosa traspare moltissimo nel video che è stato prodotto. Questa alchimia è una cosa che non poteva essere pianificata, perché non si possono comandare le emozioni delle persone che partecipano a un evento. Un altro elemento forte è stato il fatto che realizzando un video per una motivazione così futile, slegata da qualsiasi interesse politico, o di velleità artistiche, o legato alla beneficienza, coloro che lo hanno visto lo hanno percepito come qualcosa di assolutamente puro. L’energia che traspare dal video è divenuta contagiosa e le persone l’hanno utilizzata per dare nuova spinta ai propri sogni e progetti. Se l’avessimo fatto per la fame nel mondo, un motivo assolutamente valido e giusto, credo che le persone non sarebbero state in grado di utilizzare questa energia che traspariva dal video allo stesso modo. Tante persone, dopo aver visto il video, ci hanno scritto “dopo questo video mi sono messo ad inseguire il mio sogno perché mi avete dimostrato che è possibile realizzarli”. Altro elemento importante è stato quello di aver toccato un tasto molto importante per i musicisti coinvolti. Abbiamo infatti dato visibilità a persone che magari ci provano da una vita ad emergere, che suonano dove possono con sacrifici enormi per cui la musica rimane sempre la passione della loro vita nonostante le difficoltà, il cui impegno spesso non viene ripagato. In questo modo suonando tutti insieme sono stati su un palco grandioso e sono riusciti a raggiungere un successo planetario, che difficilmente singolarmente avrebbero raggiunto. E quindi loro sono stati loro, appunto per questo, i primi ad aver divulgato e spammato il video, diventando il motore del meccanismo. Tutte queste cose insieme, senza che noi potessimo prevederle, hanno innescato l’effetto viralità che abbiamo visto.
Che cosa hai imparato da questa esperienza fantastica?
Ho capito quanto è importante un gruppo, soprattutto quanto sia fondamentale rispettare i ruoli delle altre persone all’interno di un team. Nel nostro ogni membro aveva la responsabilità di un aspetto, nessuno si è mai permesso di mettere in discussione le competenze, il potere decisionale nell’ambito di competenza. Questo è stato sicuramente il punto di forza più importante nella riuscita del progetto. Nessuno di noi, nemmeno io che magari ero il supervisore e coordinatore generale mi sono mai permesso di andare da qualcuno del team invadendo il suo spazio. Avendo dimostrato nei loro confronti fiducia e grande rispetto, loro di rimbalzo mi hanno riconosciuto il ruolo di coordinatore generale. Abbiamo così lavorato in maniera armoniosa e in grande coesione e questo non era per niente facile visto che io stavo a Cesena, chi a Milano, a Torino, a Bologna, a Roma, a Firenze. Abbiamo fatto una sola riunione in un anno e abbiamo praticamente lavorato su whatapp. Ho imparato che impegnandosi a fondo, mettendoci passione e determinazione si può creare qualcosa di unico e meraviglioso anche nel poco tempo libero a disposizione.
Ora ti tocca la domanda un po’ marzulliana. Hai creato insieme e a 4 ragazzi (Gabriele Garavini, Erida Rembeci, Enrico Serra, Francesco Russo) Trail me up, hai dato vita poi a Rockin’1000. Ora che il concerto dei Foo Fighters sembra imminente e quindi la realizzazione è vicina (ndr confermato oggi il 3 novembre, biglietti in vendita da venerdì 23 ottobre alle 10:00), Fabio cosa sogna dopo?
Io ho delle passioni, uno è il rock, uno sono i viaggi e uno è il beach volley. Sicuramente quello che voglio è continuare ad organizzare progetti che siano legati alle mie passioni e quindi di idee ce ne sono tante. Quello che amo più di tutti è condividere idee e passioni con le persone, partire da un progetto dal basso, mettere insieme un team per fare qualcosa di grande insieme. Questo è stato un po’ il leitmotiv di Rockin’1000 ma anche di Trail Me up. Sono state le persone a dare vita a un’idea. Mi piace tantissimo vedere quello può nascere dal basso, creato dall’entusiasmo di chi ci crede. Se dovessi creare un altro progetto, avere un altro sogno sicuramente partirei da queste basi.
Ringrazio Fabio per la chiacchierata. Essendo appassionata di musica e avendo visto crescere questa cosa “a casa”, conoscendo la passione e impegno che le persone ci hanno messo so che è un successo meritato. Io c’ero quel 26 luglio, mi sono scapicollata da Pescara dove stavo lavorando per esserci, e un’emozione così viva, vera, potente, collettiva non l’avevo mai vissuta.