Jackie e le altre: una lettura straordinaria della storia di Jackie Kennedy

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Il Focus Jelinek di Teatri di Vita nella lettura di Adriatico

 

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Chi: Teatri di Vita
Cosa: Jackie e le altre
Quando: fino al primo febbraio
Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente, 485

di Cristian Tracà

 

I poli tra cui oscilla la lettura che Andrea Adriatico fa della storia di Jackie Kennedy sono suggestivi e di una potenza demiurgica finissima.

Il Focus Jelinek di Teatri di Vita nella lettura di Adriatico

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IN BREVE  Chi: Teatri di Vita Cosa: Jackie e le altre Quando: fino al primo febbraio Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente, 485 Info: sito di Teatri di Vita Immagine: dettaglio di una foto di G. Caira

 

di Cristian Tracà

 

Tra cubismo e pop art, tra elevazione a potenza dell’immagine e sua dissolvenza lenta e accurata fino alla disintegrazione. I poli tra cui oscilla la lettura che Andrea Adriatico fa della storia di Jackie Kennedy sono suggestivi e di una potenza demiurgica finissima. La visione sull’opera di Elfriede Jelinek diventa paradigma delle mille vite che un testo può cucirsi addosso, grazie alla mano di colui che lo riplasma.

C’è sicuramente un gioco teatrale e artistico profondo nella scelta di base: la rifrazione della narrazione. Anziché un monologo che restituisca al pubblico la storia di una donna che ha stregato i rotocalchi per la sua eleganza e i suoi love affair, sono quattro attrici a riprodurre le sfumature del personaggio, con un effetto prima picassiano e poi warholiano, con l’alone della donna-bambola sempre in agguato, e non solo nel piccolo dettaglio delle bamboline in scena. Le perle, la posa nel giorno dell’omicidio, il cappellino: tutto si carica di una densità eloquente.

Lo stesso personaggio inquadrato da quattro prospettive, con quattro timbri diversi, come una ripetizione seriale che però ha una sua peculiarità che sorpassa la mera riproduzione modulare. Il rischio voluto dell’effetto pop del brand, stile colazione da Tiffany, è scavalcato dall’intensità del testo. Una sapientissima introspezione con un uso del linguaggio che, sebbene scandito con omogenea confessionalità, raggiunge apici di lirismo e intimità davvero profondi.

Due sono gli archetipi fondamentali su cui gioca l’immaginario di Jackie: la forma e la luce. Jackie trova respiro all’interno della prigione della forma e dell’etichetta che le dona il ruolo di first lady creando un proprio gioco di femminilità, di misura, di equilibri e contrappesi, e accarezzando di tanto in tanto la nevrosi a cui spinge la ribalta costante, specie se si considera la posizione scomoda di donna-moglie di un presidente con una fedina matrimoniale tutt’altro che brillante.

I tubini che non accentuano i fianchi, il capello iperstrutturato, i guanti, il colore diventano un cerimoniale irrinunciabile, le marche di una eleganza composta contrapposta alla strabordante voluttuosità delle forme sdoganate dall’acerrima nemica, Marylin. Una differenza abilmente mostrata in punta di fioretto, come se,  paradossalmente, la donna che accecava i riflettori e metteva in ombra, la donna del Presidente, pagasse proprio questa sua condizione pericolosa di luminosità, che ha in sé una essenza di caducità che poco emerge ad un primo impatto con la società dello spettacolo.

Come da tradizione nelle regie di Adriatico lo spazio è vivo, senza diaframmi tra ribalta e spettatori, che entrano a far parte del gioco della moltiplicazione, così come già avvenuto per il primo atto della trilogia Jelinek (Delirio di una trans populista). La forma scenica è decisamente interdialogica rispetto alla semiotica in movimento della contemporaneità: ecco allora i selfie, l’ormai antica concezione di profondità di campo rilanciata con la suggestione delle silhouettes, delle integrazioni di linguaggi multimediali, degli accenti visivi sul testo.

Una visione sicuramente consigliata per la preziosità della messinscena, per la scoperta dei meandri di scrittura della Jelinek, per la ricerca accurata sul tema della femminilità, attuale più che mai, specie in un territorio come quello emiliano ormai da anni in prima fila nel dibattito nazionale per il riconoscimento di una nuova tendenza antropologica ed educativa rispetto alla costruzione degli immaginari di genere.

Per coloro che volessero vedere lo spettacolo c’è la possibilità di recarsi nel teatro di Via Emilia Ponente per le nuove riproposizioni: ampio spazio dal 26 al 31 gennaio alle 21,00 e con l’appuntamento domenicale di giorno, il primo febbraio alle 17,00.

27 gennaio 2015

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