Un po’ di Woodstock a Bologna: Joan Baez

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La “pasionaria” protagonista di un cinquantennio di musica sabato al Manzoni

 

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Chi: Joan Baez
Cosa:
 concerto
Dove: Teatro Auditorium Manzoni, Via De’ Monari 1/2
Quando: sabato 7 marzo 2015

di Sergio Rotino

 

Nell’empireo dei grandi del folk-rock statunitense non c’è posto solo per il menestrello di Duluth, alias Bob Dylan. Chiedete a nonni, genitori, zii (ma anche qualche giovinastro appassionato di folk americano targato anni Sessanta), chiedete…

La “pasionaria” protagonista di un cinquantennio di musica sabato al Manzoni

 

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IN BREVE  Chi: Joan Baez Cosa: concerto Dove: Teatro Auditorium Manzoni, Via De’ Monari 1/2 Quando: sabato 7 marzo 2015

 

di Sergio Rotino

 

Nell’empireo dei grandi del folk-rock statunitense non c’è posto solo per il menestrello di Duluth, alias Bob Dylan. Chiedete a nonni, genitori, zii (ma anche qualche giovinastro appassionato di folk americano targato anni Sessanta), chiedete loro se conoscono Joan Baez. Ecco, lei fa parte a pieno titolo di quell’empireo di cui sopra, giocandosela alla pari con quello che è stato il suo più importante, ma non unico, compagno di strada. Indubbiamente Dylan è stato più fortunato di lei, anche più abile a costruirsi come personaggio e a maneggiare parole e note, ma non per questo solo esempio del come si potesse fare canzone impegnata, “di protesta”, negli Stati Uniti di metà Novecento, quel tipo di canzone subito catturata nel resto del mondo occidentale e non.

Gli scettici potranno avere conferma di quanto si dice il 7 marzo, durante An evening with Joan Baez il concerto bolognese della songwriter americana e della sua band, ospitato nella meravigliosa cornice dell’Auditorium Manzoni.

È il primo di quattro concerti in terra italiana, che nella prima metà di marzo porteranno l’artista e la sua musica a toccare successivamente Udine, Roma e Milano.

Sarà un buon modo per riannodare le fila di una carriera artistica cinquantennale, costellata da 28 album fra studio e live (l’ultimo, Day after tomorrow, è del 2008) e sempre intrecciata a un indefesso attivismo sociale e politico. Un modo di intendere la musica, quello dell’“usignolo di Woodstock”, molto più ampio e mai domo rispetto a quello proposto lungo lo stesso asse temporale dal suo illustre collega oltre che ex compagno Bob Dylan. Per fare un esempio, lo testimonia macroscopicamente il concerto tenuto dalla cantautrice a Berkeley nel 2012 per il CRO (Citizens Reach Out), organizzazione no profit che aiuta le vittime di guerra in tutto il mondo. Il suo sostegno a varie cause civili, soprattutto per i diritti umani, le ha da molto tempo regalato l’appellativo di “pasionaria”. Ma non si pensi a questo come un valore aggiunto alla professione di songwriter: canzoni e impegno sociale sono per la Baez costanti della sua vita, da sempre intramate fra loro.

Se nel 2012 Amnesty International le consegna il riconoscimento per il suo contributo alla causa dei diritti umani, la sua fede nel pacifismo è cosa che risale agli albori della sua carriera musicale e ha radici nelle canzoni dei suoi primi album, i primi tredici sono stati oltretutto ristampati da poco. Dischi estremamente sobri a livello musicale, di ascendenza prettamente folk, editati originariamente dalla Vanguard fra il 1960 e il 1971 quindi in un decennio topico per la Storia della musica occidentale come ora la conosciamo e per il mondo.

Proprio il suo album di debutto, quel Joan Baez del 1960 successivo al suo felice debutto al Festival folk di Newport del 1959, è stato inserito nella Grammy Hall of fame. Non tanto, crediamo, perché sia il migliore di tutta una carriera, ma perché è quello che apre la strada del folk al grande pubblico. Non solo questo però. La Baez è infatti definita “la madre di tutte le cantautrici”, indicando così in lei una matrice e un approccio musicale sviluppato in seguito da tutte le altre sue colleghe. E questo senza nulla togliere alle sue capacità di interprete di canzoni appartenenti al repertorio di altri autori, dove spesso ha dato il meglio di se stessa.

Insomma più che un mito costretto nella sua epoca, più che una leggenda, questa regina del folk statunitense (ma la cui musica ha in realtà sperimentato anche altre strade nel corso degli anni) è un esempio di come la musica e gli ideali non vadano a spegnersi col passare degli anni anzi, acquistino uno spessore inusitato. Come sempre, sarà un piacere ascoltarla in concerto.

5 marzo 2015

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