Novecento: tra fallimento rivoluzionario e pandemia

In Lettere a Valentinov, Gabriele Frasca ragiona tra prosa e poesia sull'ideale perduto di una società più equa

CHI Gabriele Frasca COSA presentazione del volume Lettere a Valentinov, Luca Sossella Editore DOVE Arena del Sole ERT QUANDO 26 maggio, h 18.30 INGRESSO gratuito

Endecasillabo, fondamento della nostra lingua. Soprattutto ossessione e professione di fede, almeno tale la diremmo, per quanto riguarda tutto il lavoro scrittorio di Gabriele Frasca.

Poeta, saggista, docente curatore della traduzione dell’opera di Samuel Beckett per i Meridiani Mondadori, performer e altro ancora, Frasca ha pubblicato da poco per Luca Sossella editore Lettere a Valentinov.

L’autore farà tappa a Bologna per presentarlo, negli spazi dell’Arena del Sole ERT, questo giovedì 26 maggio alle ore 18.30. A dialogare con lui in merito ai contenuti saranno Valter Malosti, direttore di ERT, Alberto Bertoni e Luigi Weber, entrambi del Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.
Il libro propone una visione del “tradimento” di quello che era l’anelito, l’intenzione da cui aveva preso vita la Rivoluzione russa.
A quel periodo Frasca si riferisce già a partire dalla copertina, con il suo mutuare la grafica da certe avanguardie di inizio Novecento.
È comunque il contenuto a rendere esplicito il richiamo.

Quelle Lettere a Valentinov accampate nel titolo, rimandano direttamente alla figura di Nikolai Valentinov, bolscevico vicino a Lenin fuggito a Parigi nel 1928 e autore di un saggio (Meditazioni sulle Masse). Come spiega Frasca nelle note, quel saggio fu il primo a tentare «di spiegare che cosa fosse andato storto nella Rivoluzione».

Le Lettere a Valentinov, forse la parte più innovativa nel lavoro di Frasca oltre che la sezione di apertura, si arrovellano attorno a questo punto. Cercano di dare contezza di un secolo, il Novecento, che parte con l’arenarsi delle avanguardie storiche («l’inerzia progressiva» di cui dice Frasca) e arriva alla restaurazione di qualcosa che subiamo passivamente: «una società ferocemente iniqua e diseguale».

Nel loro muoversi in maniera disarticolata dal 20 agosto 1997 («più un biglietto che contiene una dedica») al 30 novembre 2021, transitando per un prossimo futuro (il 12 ottobre 2027) e per un passato che doveva segnare uno o più “futuri diversi” da quanto ora testiamo, dallo sbarco sulla Luna al 1918 al 1935 ecc., tutte loro concorrono a indicare, crediamo, “le radici del male” odierno.

Attenzione, non quello assoluto, bensì «quello scarto nel corso della storia, magari persino inavvertito al suo accadere, che è come se avesse deviato la direzione del mondo incanalandolo verso il suo “secolo breve”» come precisa Frasca. «Perché nessuno alla fine del XIX secolo, neanche il meno rassegnato fra i reazionari, si sarebbe atteso altro dal futuro che un inevitabile miglioramento, soprattutto nelle condizioni elementari d’esistenza di ogni essere umano, e nei termini di una sempre più perseguita uguaglianza fra i cittadini e fra i popoli. E invece d’un tratto, in un preciso momento del secolo successivo, è come se ci fossimo ritrovati su un altro ramo della storia, inizialmente solo un po’ discosto da quello in apparenza ancora percorso, e via via sempre più divergente, che ci ha condotto infine in un mondo del tutto diverso».

Indirizzare le missive a Valentinov è perciò un pretesto congruo per ragionare sul nostro oggi, facendo risuonare fra loro eventi, fatti, concetti che portano Frasca a realizzare il parallelo metaforico tra fallimento rivoluzionario e quarantena del nostro mondo. Qualcosa che era già fra noi, quindi, prima ancora che il nostro orecchio, la nostra mente la vedessero, non comprendendola. Prima che tutti noi la sperimentassimo, sempre e comunque senza comprenderla.

Composto da dieci sezioni, più due ghost track, Lettere a Valentinov è una constatazione del danno, un portarlo alla superficie del ragionamento mettendo in gioco il proprio vissuto di memorie e di affettività (politica?). Per fare questo Frasca allarga il proprio raggio di azione prosa poetica a piccoli ma densi interventi in poesia. Fra di essi spicca l’agglomerato delle undici composizioni raccolte sotto il titolo profetico di Quarantena. Rilasciate una all’anno, dal 2012 al 2022, riprendono la dichiarazione dell’autore di non voler pubblicare una silloge definitiva dopo l’uscita di Rimi, nel 2013. Ai nostri occhi appaiono vicine alla scelta di Roberto Roversi, quando decise di abbandonare l’editoria ufficiale e restare libero proprietario del suo lavoro poetico, disseminandolo ovunque, ma solo quando e come era sua intenzione.

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