Brueghel: la rappresentazione della vita

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Apre la mostra Capolavori dell’arte fiamminga a Palazzo Albergati

 

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Cosa: Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga
Dove: Palazzo Albergati, via Saragozza 28 – Bologna
Biglietto intero (con audioguida): 13 euro
Quando: 2 ottobre 2015 – 28 febbraio 2016

di Sergio Rotino

 

Pieter il Vecchio, Pieter il Giovane, Jan il Vecchio, Jan il Giovane, Abraham, Ambrosious. I sei Brueghel. Non tanto una famiglia che, di generazione in generazione, ha mantenuto saldi cognome e principi estetico-pittorici…

Apre la mostra Capolavori dell’arte fiamminga a Palazzo Albergati

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IN BREVE  Cosa: Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga Dove: Palazzo Albergati, via Saragozza 28 – Bologna Biglietto intero (con audioguida): 13 euro Quando: 2 ottobre 2015 – 28 febbraio 2016  Info: sito palazzo Albergati 051 03 01 015 (dal lunedì al venerdì, 10.00-17.00)

 

di Sergio Rotino

 

Pieter il Vecchio, Pieter il Giovane, Jan il Vecchio, Jan il Giovane, Abraham, Ambrosious. I sei Brueghel. Non tanto una famiglia che, di generazione in generazione, ha mantenuto saldi cognome e principi estetico-pittorici fra XVI e XVII secolo, piuttosto una vera e propria dinastia, portatrice di un preciso e ricercato marchio di fabbrica.
È quanto propone Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga, la mostra prodotta e organizzata da Arthemisia group, che Bologna ospita dal 2 ottobre 2015 al 28 febbraio 2016 negli spazi del piano terra e del primo piano di Palazzo Albergati, in via Saragozza 28.

Ma la mostra, curata con estrema sapienza da Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider, non racconta esclusivamente il lavoro portato avanti dalla dinastia Brueghel.

Fra i 107 lavori esposti provenienti da mezzo mondo, alcuni portano le firme di Hyeronimus Bosch, Joos van Cleve, Kerstiaen de Keunink, David Teniers il Giovane, e altre ancora (persino un Rubens). Questo perché, nella volontà degli organizzatori e dei curatori, “Brueghel” deve essere una esposizione da vedere e letteralmente leggere come un viaggio nella pittura fiamminga del Seicento. In questo modo, entrando a contatto con l’humus da cui nascono i sei artisti, avendo davanti le influenze sociali e artistiche cui sono esposti, se ne può capire la genialità e la soprendente capacità di visione.

Va detto che non è la prima volta che si organizzano mostre sui Brueghel, né tantomeno è la prima volta che si vedono loro opere in Italia. Come afferma Joseph Guttmann, personaggio indispensabile alla riuscita del progetto: “È la terza mostra italiana, dopo quella proposta nel 2012 a Roma e prima ancora a Como”. Facendo alcuni calcoli, dovremmo essere alla settima esposizione in giro per il mondo. Sicuramente una novità per Bologna, ma non per il pubblico di appassionati. Gli stessi appassionati che hanno premiato la mostra dedicata a Escher – che ha totalizzato oltre 170mila presenze – cosa potranno attendersi da una esperienza già proposta sul territorio italiano?

Ripartita in sette sezioni ognuna dedicata a un preciso focus tematico (dai paesaggi alle nature morte alle allegorie), “Brueghel” appare una esposizione satura di magnificenze, ma proprio per questa ragione, sapientemente divisa in due capitoli.
Il primo capitolo si snoda per tutto il piano terra ed è una lunga “introduzione” alle peculiarità dell’opera di questa famiglia di pittori, che da Pieter il Vecchio ad Ambrosious dialogherà con e interrogherà sempre il paesaggio e i suoi simboli. Il paesaggio soprattutto, che proprio Pieter il Vecchio intuisce “possa diventare il vero personaggio del quadro” per dirla con Gaddi. Fra tavole e disegni che sommano volutamente opere di tutta la famiglia e opere di altri autori (ma è pur vero che questo è il leit motiv della mostra poiché, dice Gaddi, “In ogni sezione si affiancano volutamente opere dei vari Brueghel per far vedere come il loro stile diventi un marchio di fabbrica. Con grande diffusione e importante penetrazione del mercato”), lo spettatore rischia un po’ di perdersi.

Ma basta passare al primo piano, quindi al secondo capitolo della mostra, perché l’architettura complessiva della mostra sia immediatamente comprensibile. La sezione delle Allegorie, quella dedicata alle nature morte floreali e l’ultima, intitolata “La danza degli ultimi”, sono una summa potente del pensiero che sta dietro la pittura dei Brueghel. Al contempo sono un tramando di concetti, di idee, di visioni fra uno e l’altro, da uno all’altro degli artisti della dinastia. Così dall’esplosione della vita floreale, però soggetta a caducità, vi è il senso di una felicità che non può durare (Mazzo di fiori in un vaso di vetro, Ambrosius Brueghel). Stesso messaggio si legge in controluce nelle opere che raccontano la vita contadina, dove uomini e donne, ubriachi e viandanti, vengono dipinti solo di spalle, “ignari e indifferenti all’osservatore” come alla vita che passa. Eppure questa stessa vita è carica di allegria e festeggiamenti, di innamoramenti e di una potente, visibile e invisibile lubricità (Danza nuziale all’aperto, Pieter Brueghel il giovane). I simboli dei fiori qui cadono, ma al contempo persistono. Facendo comprendere quanto il tema principe di questa lunga e fortunata dinastia di artisti fosse la rappresentazione della vita come essa è.

A rendere completa la visione della mostra, il catalogo omonimo, curato da Gaddi e pubblicato per l’occasione da Skira, che oltre a offrire un percorso iconografico inappuntabile di quanto esposto per qualità di riproduzione, si arricchisce di sei saggi introduttivi.

1 ottobre 2015

 

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